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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Antibiotico-resistenza: il rischio arriva dall'acqua potabile?

Foto: Ethan Sykes / Unsplash

Come è ormai risaputo, la resistenza agli antibiotici rappresenta un problema emergente di sanità pubblica. In questo contesto l’acqua può rappresentare un'importante via di diffusione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, con possibili ricadute sulla salute umana. Per capire l’entità e le caratteristiche di questo tipo di rischio il nostro gruppo di ricerca sta lavorando al monitoraggio delle acque in collaborazione con la Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) ed il MEG (Molecular Ecology Group) del CNR-IRSA.

Come afferma l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la resistenza agli antimicrobici rappresenta oggi un importante problema di salute pubblica globale. Globalmente si ipotizza infatti che 700mila persone all’anno potrebbero morire per infezioni antimicrobico-resistenti e che, qualora non vengano effettuati interventi efficaci per combattere questo fenomeno, si potrebbe avere nel mondo, entro il 2050, un incremento di morti ogni anno pari a 10 milioni di persone.

Negli ultimi decenni, numerosi studi hanno contribuito a stabilire come la resistenza agli antibiotici nella clinica si rifletta sull’ambiente e/o origini da esso. In questo contesto l’acqua può costituire uno dei più importanti habitat nonché una via di propagazione di batteri coinvolti nella diffusione delle antibiotico-resistenze ponendo in relazione l’ambiente, l’essere umano e gli animali. In particolare il ciclo idrico integrato che comprende il prelievo, la disinfezione e la distribuzione dell’acqua per scopi potabili nonché la raccolta, il trattamento e il rilascio in ambiente delle acque di scarico rappresenta un interessante modello per tracciare il destino delle antibiotico-resistenze e valutare i rischi di trasmissione all’organismo umano.

Il rischio, infatti, è che geni e/o batteri antibiotico-resistenti presenti nelle parti del ciclo idrico “non pulite” possano raggiungere il consumatore finale dell’acqua. Questa motivazione appare più che legittima in considerazione della diffusione di alcuni gruppi batterici che, a causa della loro ecologia e fisiologia, possono sopravvivere nei reflui, nelle acque superficiali e potabili e possono anche far parte del microbioma umano. La diffusione di altri microrganismi patogeni nelle acque reflue è riportato nei lavori raccontati dalle colleghe Elisabetta Carraro, Sara Bonetta e Cristina Pignata. Queste argomentazioni pongono l’acqua potabile come una delle potenziali vie di trasmissione delle antibiotico-resistenze all’essere umano.

In questo contesto, il nostro progetto di ricerca, svolto in sinergia con il Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche e in collaborazione con la Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) e il MEG (Molecular Ecology Group) del CNR-IRSA, punta a comprendere la diffusione dell’antibiotico-resistenza nel contesto del ciclo idrico integrato. Per farlo, abbiamo  organizzato campagne di monitoraggio di campioni in entrata e in uscita di differenti impianti di trattamento dei reflui e di potabilizzazione ricercando sia batteri resistenti agli antibiotici sia i geni responsabili delle resistenze.
I risultati dello studio, che si concluderà quest’anno, consentiranno di comprendere il ruolo dell’acqua nella diffusione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, evidenziando, se presente, anche l’influenza dei diversi trattamenti attuati sulla selezione e/o diffusione di batteri o geni per l’antibiotico-resistenza.

Gruppo di ricerca: Silvia Bonetta, Elisabetta Carraro, Cristina Pignata, Sara Bonetta.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Silvia Bonetta
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

17 marzo 2022

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