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Ricordi di cose future. L’evoluzione dell’astrofisica dallo sbarco sulla Luna

Corriere della Sera, lunedì 21 luglio 1969.

Dal 20 luglio 1969 molti sono stati i progressi che hanno permesso di esplorare sempre meglio il cielo al di là dell’atmosfera: i satelliti orbitanti, indispensabili per raccogliere dati sempre più accurati, sono oggi possibili grazie a quell’impresa che portò a “quel piccolo passo per un uomo” che davvero fu “un grande passo per l’umanità”.

Nel 1969 ero un giovane post-doc della Princeton University; studiavo le pulsar (stelle di neutroni rotanti con emissione pulsata) e i primi dati relativi alla radiazione di fondo cosmologica scoperta da Penzias e Wilson, pochi chilometri più in là. Il lancio dello Sputnik (1957) era stato uno degli eventi che mi avevano spinto a scegliere di lavorare in questo campo.
La sera del 20 luglio ero nel mio studio e, come tutti, aspettavo non tanto la radiocronaca, quanto le immagini in diretta dello sbarco sulla Luna. Dopo migliaia di anni di osservazioni scientifiche, sogni letterari e poesie, stavamo per mettere piede sul nostro satellite. Quando le immagini di Apollo 11 mostrarono che il LEM si era appoggiato dolcemente sulla Luna e che Armstrong e Aldrin posero l’orma dei moonboot sulle sabbie lunari, sentii di aver scelto un mestiere affascinante: ero parte di un mondo capace di qualunque impresa, lanciato alla scoperta dei misteri del cosmo. Le capacità sviluppate per questo traguardo avrebbero permesso di costruire osservatori orbitanti aperti anche alle frequenze schermate dall’atmosfera, non rivelabili quindi sulla Terra. E infatti nel 1970 mi trasferii all’MIT a Boston per studiare i dati raccolti da Uhuru, il primo osservatorio orbitante a raggi X.

Alcuni anni dopo tornai qui a UniTO e all’Osservatorio Astrofisico di Torino per organizzare un gruppo di ricerca in astrofisica teorica, collegato a livello internazionale con i progetti spaziali per osservare il cielo a frequenze elettromagnetiche, dal radio ai raggi gamma. L’universo si era rivelato molto ricco di fenomeni alle alte energie e verso questi s’indirizzò il mio lavoro. Negli anni 1980-90 partecipai alla progettazione di missioni spaziali per l’osservazione del cielo nelle onde radio (progetti Quasat e HALCA) e nei raggi X (progetto SAX). Le missioni hanno permesso, tramite il confronto con i modelli teorici, di interpretare la fisica delle galassie attive, confermando l’esistenza di buchi neri supermassivi, confermata poi anche dalle immagini del Telescopio Spaziale Hubble - HST. Il Science Center di HST a Baltimora era negli ‘90 uno dei centri di ricerca più vivi e stimolanti dove abbia avuto occasione di lavorare.
Oltre a lavorare nei principali istituti internazionali in questo campo, ho collaborato con alcuni tra i maggiori scienziati, come Riccardo Giacconi, Robert Rosner, Martin Rees, Kip Thorne, Russell Kulsrud e Margaret Geller. Da loro ho imparato la grande umiltà di fronte ai misteri del cosmo, ma anche lo slancio continuo di curiosità: sapere di più e di tutto.

Attualmente partecipo alla missione spaziale Agile che osserva il cielo nei raggi gamma, per investigare fenomeni ancora più energetici. Finora abbiamo scoperto che le sorgenti di alta energia sono molto variabili, su scale di giorni e ore: complessi processi di plasma (gas costituito da un insieme di elettroni e ioni, considerato il quarto stato della materia), possono creare grandi quantità di particelle di alta energia, pari a quelle osservate nei raggi cosmici, in tempi brevissimi. Tali processi esplosivi - stiamo scoprendo ora - sono spesso accompagnati dall’emissione di neutrini e onde gravitazionali, che a loro volta ci danno informazioni più approfondite sull’Universo. Nel 2017 ho partecipato alla scoperta dell’emissione elettromagnetica connessa con le onde gravitazionali prodotte dalla fusione di due stelle di neutroni. In un certo senso sono tornato a 50 anni fa quando studiavo le pulsar...

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Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Attilio Ferrari
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

08 luglio 2019

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