Tradurre con ChatGPT: si può lavorare con l'intelligenza artificiale?
L’Intelligenza Artificiale (IA), diventata facilmente accessibile e pervasiva, influenza diversi settori lavorativi, tra cui anche quello della traduzione. Gli strumenti di traduzione automatica sono infatti molto diffusi. In questo contesto, che senso hanno i corsi di formazione specifici? L’IA può essere una risorsa nell’insegnamento?
Questo racconto nasce dall’esperienza condotta all’interno del progetto "Comunicare l'IA nello spazio europeo multilingue”, promosso e coordinato dal gruppo IA.T.EL
Analizzando le traduzioni dal francese all’italiano effettuate con l’ausilio di ChatGPT-3.5, abbiamo voluto formulare una prima valutazione di quanto questo chatbot, e l’intelligenza artificiale alla sua base, possa considerarsi un nuovo efficace strumento per lo sviluppo della competenza traduttiva e per la pratica professionale.
In particolar modo ChatGPT, un modello conversazionale di elaborazione del linguaggio creato da Open AI, è capace di fornire informazioni dettagliate, elaborare calcoli, intrattenere dialoghi, scrivere e tradurre testi utilizzando un linguaggio naturale.
La tipologia dei testi sottoposti a ChatGPT durante la nostra ricerca spazia tra differenti argomentazioni in modo da ottenere una valutazione multidisciplinare. In totale sono stati analizzati otto testi appartenenti a quattro generi testuali differenti: testi informativo-divulgativi, manuali d’istruzioni di prodotti elettronici, testi letterari e testi istituzionali europei.
Le difformità rilevate nella traduzione dal francese all’italiano sono state catalogate in base a sette categorie (quelle del modello QA LISA - Localization Industry Standards Association, che ha permesso di ottenere un esame esaustivo): traduzione errata, accuratezza, terminologia, linguaggio, stile, paese e coerenza. Grazie a un’apposita griglia di valutazione si è cercato di rendere l’analisi più oggettiva possibile, valutando nel dettaglio l’input traduttivo, la presenza di interferenze linguistiche o errori semantici, calcolando le discrepanze tra le diverse traduzioni e la frequenza degli errori.
È opinione diffusa che la professione dei traduttori debba trasformarsi a favore di nuovi ruoli come post-editor, consulenti linguistici e gestori di dati linguistici, tutte attività ormai convergenti. Analizzando i risultati dei testi presi in esame, il lavoro di traduzione svolto dalla tecnologia di ChatGPT è risultato assai soddisfacente, ma è emerso con chiarezza che un attento processo di revisione umana dell’output rimane fondamentale.
A livello di capacità interpretativa, il chatbot è in grado di comprendere la quasi totalità degli argomenti presi in esame, con qualche inaccuratezza a livello di resa della varietà stilistica. Tuttavia, l’aspetto fondamentale da sottolineare è la momentanea incapacità di autocorrezione o di fornire all’utente strumenti di traduzione automatica interattiva (a differenza, ad esempio, di DeepL).
Di conseguenza, una traduzione elaborata unicamente da ChatGPT non può essere considerata definitiva, in quanto si rischia di riscontrare la presenza di calchi della lingua di origine, una carente varietà nei sinonimi proposti e una limitata sensibilità.
Per questo, se ChatGPT può essere un valido strumento per favorire la comunicazione multilingue e l’assimilazione dei contenuti dei testi in lingua straniera ai fini di una generica comprensione, non si può dire altrettanto per la disseminazione accurata delle informazioni da una lingua all’altra, in quanto non vi è sempre la trasposizione esatta dei fenomeni morfo-sintattici e delle sfumature linguistiche.
Pertanto, non solo non può sostituirsi al lavoro umano di traduzione, ma è fondamentale fornire una guida e una direzione a chi studia affinché possa acquisire familiarità con tale strumento, sviluppare competenze critiche e metalinguistiche e ottenere così un buon risultato di apprendimento, che gli consenta di capire che l’output della traduzione automatica non è sempre valido o autorevole.
È importante quindi che la popolazione studentesca venga sensibilizzata ai rischi e alle potenzialità delle tecnologie e, dall’altro lato, è necessario, che traduttrici e traduttori professionisti seguano l’evoluzione di questi nuovi strumenti sfruttando le utilità dell’IA quali il risparmio considerevole di tempo, la resa fluida del testo tradotto, la proposta di alternative per raggiungere migliori sfumature semantiche e il riconoscimento rapido dei soggetti già trattati. Tutto questo tenendo conto però che la traduzione non è solo un atto di decodifica e ricodifica di un testo tra due lingue diverse e che necessita quindi dell’intervento della professionalità umana, al fine di percepire certe specifiche peculiarità contenute nei vari testi traduttivi e soprattutto analizzare la situazione comunicativa e il dato contestuale.
Viene così confermata la tesi di Ivana Bartoletti, Global Chief Privacy Officer presso la multinazionale Wipro e Visiting Policy Fellow presso l’Università di Oxford, secondo la quale possiamo tranquillamente abbandonare il timore sulla malvagità dello strumento poiché, usando un termine hollywoodiano, non si tratta del nuovo “Terminator”1.