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Ecosistemi, Biodiversità e Comportamento animale

SOS invertebrati, quei piccoli organismi che fanno girare il mondo

Pieris rapae. Foto: Francesca Martelli. 

Gli invertebrati sono l’80% degli esseri viventi e per il loro ruolo all’interno degli ecosistemi E.O. Wilson li definì the little things that run the world, ovvero quei piccoli organismi che fanno girare il mondo. Eppure è ormai accertato che la loro numerosità (in termini di specie e abbondanza) è in caduta libera. Nonostante questo, la loro conservazione è oggetto di pochi progetti e investimenti. Perché? Qualcosa sta cambiando? Ci auspichiamo di si!

Per quanto tutti gli sforzi destinati alla conservazione della biodiversità siano importanti, quelli destinati agli invertebrati sono davvero esigui se confrontati con quelli destinati ai vertebrati, in particolare a specie grandi e carismatiche come uccelli e mammiferi. Bisogna infatti considerare che la comunità scientifica ha descritto un milione e mezzo di specie di invertebrati, l’80% dei viventi, mentre le specie di vertebrati sono solo 62 mila, ovvero appena il 3%. Se però interroghiamo il sito web europeo dove sono raccolti tutti i progetti volti alla conservazione delle specie (progetti LIFE), scopriamo che i primi hanno ricevuto 120 milioni di euro, mentre per i secondi sono stati stanziati 970 milioni, circa otto volte tanto. 

L’orso è la specie a cui sono stati dedicati il maggior numero di progetti LIFE, per l’esattezza 75, per un totale di 50 milioni di euro. Al contrario l’invertebrato che ha ricevuto più fondi è la cozza d’acqua dolce (Margaritifera margaritifera), per la quale sono stati finanziati 18 progetti per un totale di circa 20 milioni. La seconda specie che ha ricevuto più fondi è lo scarabeo eremita (Osmoderma eremita), un coleottero legato al legno marcescente, con 15 progetti e circa 10 milioni di investimenti. Gli sforzi per la conservazione della biodiversità, dunque, sono sbilanciati a favore di quegli animali che più ci somigliano, soprattutto se consideriamo quante più specie di invertebrati popolano il nostro pianeta.

Probabilmente il cuore del problema è la scarsa empatia che ci suscitano gli invertebrati. Noi tutti siamo facilmente sensibili ai problemi di conservazione dei grandi mammiferi che sentiamo più vicini a noi, come appunto l’orso, ma difficilmente proveremmo empatia per una cozza o un coleottero che si nutre di legno morto. Certo gli invertebrati sono così numerosi e piccoli, spesso vanno cercati approfonditamente nei diversi habitat prima di notarne la presenza, ma anche loro richiedono monitoraggi e studi che comportano investimenti senza i quali è quasi impossibile comprendere il loro stato di salute. 

La chiave di svolta per ottenere una distribuzione delle risorse più bilanciata potrebbe essere quella di considerare gli invertebrati The Little Things That Run the World, come li definì il biologo evoluzionista Edward O. Wilson, recentemente scomparso. E in effetti gli invertebrati fanno proprio girare il mondo, perché svolgono un ruolo essenziale per il mantenimento della funzionalità degli ecosistemi. Ad esempio, i coleotteri coprofagi riciclano lo sterco dei vertebrati erbivori fertilizzando il suolo. Gli apoidei (ape da miele, api selvatiche e bombi), le mosche sirfidi, i lepidotteri (farfalle e falene) e i coleotteri, invece, svolgono un ruolo cruciale nella riproduzione delle piante: l’impollinazione. 

La Strategia Europea per la Biodiversità 2030, che indirizza per il prossimo decennio le politiche e le risorse, ha espressamente richiesto di destinare forze agli insetti impollinatori. È la prima volta che degli invertebrati vengono considerati come priorità. La Pollinator Initiative si è aperta nel 2018 con una consultazione pubblica e sorprendentemente il 94% delle persone che hanno risposto ritiene allarmante il declino degli impollinatori. Pertanto, qualcosa sta cambiando e auspichiamo che anche tutti gli altri invertebrati ottengano nei prossimi anni l’attenzione che meritano, perché dalla loro conservazione dipende il funzionamento degli ecosistemi e quindi, indirettamente, anche la vita dell’essere umano.

Oggi l'espansione urbana è una delle minacce globali della biodiversità e gli scenari sono ancora più allarmanti se si considera l'andamento della popolazione urbana nei prossimi anni. Infatti, oltre 4 miliardi di persone (50% della popolazione mondiale) vivono attualmente nelle aree urbane, ma si prevede di arrivare al 70% entro il 2050. Pertanto è cruciale cercare di rendere le città degli ambienti che possano essere permeabili a numerose specie, in particolare gli impollinatori.
A Torino, presso il Laboratorio di Zoologia stiamo conducendo una ricerca che metta in luce quali variabili ambientali siano cruciali per la mobilità delle farfalle nell’ambiente urbano. Nello specifico, si sta sviluppato un modello ad agente in collaborazione con il Dipartimento di Fisica di UniTo, che simulando gli spostamenti delle farfalle ci permetterà di capire quali parametri ne determinino la mobilità e quali invece siano delle barriere all’interno della città.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Simona Bonelli
Irene Piccini
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

16 marzo 2022

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