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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Troppi lipidi nel sangue fin da bambini? La ricetta è un mix di counselling e nutraceutica

Foto: Kyle Nieber / Unsplash

Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle prime cause di mortalità a livello globale. Anche se la loro origine risiede per lo più in errati stili di vita, ci sono condizioni genetiche predisponenti, note come dislipidemie primitive, che ne anticipano l’insorgenza o accelerano la progressione del processo aterosclerotico, già riscontrabili dall’infanzia. Il nostro impegno è quindi ridurre il rischio di eventi cardiovascolari precoci intervenendo già in età pediatrica. Come? Con il counselling nutrizionale e la nutraceutica.

Dal 2000 a oggi l’ambulatorio “Dislipidemie e Prevenzione Cardiovascolare” della SSD Endocrinologia Pediatrica dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, si occupa di pazienti pediatrici affetti da forme primitive di dislipidemia, quelle alterazioni dei livelli di lipidi nel sangue (colesterolo, trigliceridi, ecc.) determinate da una condizione genetica. Comunemente asintomatiche nei primi anni di vita, esse determinano un progressivo danno aterosclerotico a livello della parete dei vasi sanguigni le cui conseguenze in età adulta possono essere infarto del miocardio, ictus cerebrale o arteriopatia periferica in età precoce.
Il principale obiettivo del nostro ambulatorio è effettuare una diagnosi precoce e prendere in carico questi pazienti avviandoli a un follow-up che prevede l’impostazione di un corretto intervento terapeutico, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare e di migliorarne la qualità e l’aspettativa di vita. Così come per gli adulti, anche per i più giovani si raccomanda un trattamento che migliori il profilo lipidico. Le linee guida sono quelle dell’American Academy of Pediatrics (AAP) che considera i livelli sierici di LDL-c accettabili se inferiori 130 mg/dl e sicuri se inferiori a 110 mg/dl. La terapia, inizialmente basata su un corretto regime alimentare e, qualora fosse indicato, sull’impiego di farmaci, si avvale anche di sostanze nutraceutiche, come vedremo più avanti.

Prima di tutto la dieta
Il primo step di trattamento in pediatria consiste sempre nella correzione dello stile di vita e nell’impostazione di una terapia dietetica personalizzata che mira non solo alla quantità ma soprattutto alla qualità dei cibi introdotti con l’alimentazione, prestando ovviamente particolare attenzione all’assunzione di grassi alimentari.
Vista la scarsità di dati presenti in letteratura relativi all’efficacia del counselling nutrizionale nella popolazione pediatrica affetta da ipercolesterolemia primitiva, il nostro team si è proposto di valutarne l’efficacia studiandone l’impatto sul profilo lipidico, inteso come riduzione del LDL-c. Abbiamo così condotto uno studio basato su un’analisi retrospettiva di un arco temporale compreso tra il 2000 e il 2019 che ha coinvolto 785 pazienti sottoposti a due visite ambulatoriali, atte a valutare la variazione del profilo lipidico e delle abitudini alimentari in seguito alle indicazioni nutrizionali fornite durante la prima visita. È così emerso che l’81,7% dei pazienti aderenti alle indicazioni nutrizionali, che quindi hanno ridotto il consumo di grassi saturi e aumentato quello di carboidrati complessi e fibra alimentare, ha riportato un miglioramento del profilo lipidico (calo delle LDL-c di circa il 10%) confermando l’utilità della terapia dietetica.
Tuttavia, affinché l’approccio del counselling nutrizionale abbia successo è fondamentale una buona aderenza alla terapia e disponibilità della famiglia tutta al cambiamento dello stile di vita. Nei soggetti a elevato rischio cardiovascolare (ipercolesterolemia familiare), che presentano valori basali di LDL-c fortemente elevati, una volta impostato il corretto stile di vita, sarà necessario (e oggi possibile) intraprendere terapie con farmaci ipolipemizzanti per raggiungere i valori raccomandati.

L’aiuto della nutraceutica
Prima di arrivare ai farmaci veri e propri è tuttavia possibile ricorrere a sostanze nutraceutiche, cioè a quelle sostanze contenute naturalmente negli alimenti, o aggiunte, con effetti benefici e protettivi sulla salute. Nel caso di ipercolesterolemia, sostanze efficaci sono i fitosteroli, la fibra, il riso rosso fermentato, gli acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 e omega 6, e i derivati della soia.
In pediatria l’utilizzo di nutraceutici è finora limitato, poiché gli studi scientifici sono pochi e relativi a casistiche ristrette. Così, per fornire un aggiornamento sui principali nutraceutici in commercio utile alla pratica clinica pediatrica, il nostro team di ricerca si è impegnato in una revisione della letteratura scientifica.
Un primo dato che ne è emerso è che tra tutte le sostanze nutraceutiche che aiutano a diminuire le concentrazioni di lipidi nel sangue (effetto ipolipemizzante), i fitosteroli riscuotono il maggior successo in ambito pediatrico. Si tratta di composti bioattivi presenti nelle membrane cellulari delle piante che, grazie alla loro struttura chimica simile a quella del colesterolo, competono con esso a livello intestinale. In commercio si trovano addizionati a pane, cereali, margarina, latte o yogurt. Sebbene gli studi condotti su bambine e bambini siano ridotti, si è osservato che l’assunzione di fitosteroli (a dosaggi variabili 1,6-2 grammi al giorno) riduce i livelli di colesterolo totale in caso sia di ipercolesterolemia acquisita che famigliare, mentre risulta inefficace sulle concentrazioni di trigliceridi e colesterolo HDL. La loro somministrazione è ben tollerata e non sono segnalati eventi avversi nel breve e medio termine, tuttavia l’assunzione prolungata può causare una riduzione dell’assorbimento intestinale di vitamine liposolubili, in particolare dei carotenoidi.
Per quanto riguarda la fibra alimentare, nei bambini l’assunzione sotto forma di integratore è molto dibattuta, perché sono in molti a ritenere che si debba privilegiare quella presente negli alimenti. Negli ultimi anni infatti si è osservato un peggioramento delle abitudini alimentari con una tendenza a seguire un’alimentazione sbilanciata per insufficiente apporto di frutta e verdura ed elevata assunzione di prodotti industriali ricchi in grassi saturi, condizioni correlate all’insorgenza di dislipidemia, ipertensione, obesità e diabete. Pertanto il valore raccomandato di fibra è difficilmente raggiunto dalla sola dieta ed è per questo che alcuni studi hanno valutato l’effetto ipolipemizzante di un’integrazione con fibra (Glucomannano o Psyllium o Pectine). L’efficacia di tale intervento, come parte di un’alimentazione corretta, si è vista nella riduzione del colesterolo totale e di quello LDL a fronte di effetti avversi lievi come sporadici casi diarrea e dolori addominali.
Pochi sono invece gli studi clinici che includono altri nutraceutici come estratti di riso rosso fermentato, proteine della soia, probiotici, acidi grassi polinsaturi Omega-3 e Omega-6 (PUFAs) e frutta secca, sui quali quindi è ancora difficile trarre conclusioni in merito a sicurezza ed efficacia.
In ogni caso occorre sottolineare che una sostanza nutraceutica non deve mai essere considerata un’alternativa alla dieta, primo e fondamentale approccio, né a farmaci ipolipemizzanti, quando indicati, e il suo uso deve essere prescritto e monitorato con attenzione soprattutto in pediatria.

Gruppo di lavoro:
Luisa de Sanctis, Ornella Guardamagna, Giulia Massini, Anna Nyffenegger, Raffaele Buganza, Elisa Bonino.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Giulia Massini
Anna Nyffenegger
Raffaele Buganza
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

16 dicembre 2020

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