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Epidemiologia, Terapie e Politiche sanitarie

Dalla natura alla farmacia: sono davvero efficaci i “rimedi naturali”?

Integratori alimentari, fitoterapici, medicinali omeopatici, su internet come in farmacia vengono indicati tutti come rimedi naturali, e, in quanto tali, privi di effetti collaterali. Ma funzionano davvero? Lo abbiamo chiesto alla Prof.ssa Patrizia Rubiolo e al Prof. Gianluca Miglio del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco.

Professoressa Rubiolo, come possiamo orientarci nel “mondo” dei “rimedi naturali”?
L’insieme dei prodotti proposti per soddisfare la domanda dei cittadini in fatto di salute è molto grande e in continua evoluzione: comprende tipologie differenti, come quella dei medicinali, degli integratori, degli alimenti, per citarne qualcuno. Orientarsi non è facile, né per i professionisti del settore né, tanto meno, per i cittadini. Sono richiese competenze specifiche, un costante aggiornamento e la disponibilità di dati certi su qualità, sicurezza ed efficacia dei prodotti. I punti cardinali si possono ritrovare nella normativa, ma la materia è complessa e anche questo esercizio non è semplice. Infine, la propaganda che fa leva sulle opinioni personali, la veicolazione di informazioni dubbie e l’uso di espressioni non chiare confondono lo scenario e limitano le capacità di fare scelte consapevoli. La stessa espressione “rimedi naturali” non identifica una tipologia di prodotti ben definita. Potrebbe riferirsi ai medicinali fitoterapici con efficacia e sicurezza dimostrata, ai farmaci vegetali tradizionali classificati come fitoterapici con livello di efficacia non dimostrata dalla letteratura scientifica, qualità provata e sicurezza garantita, oppure agli integratori alimentari, che pur essendo preparati a partire da specie vegetali, fungine, algali note per le loro proprietà salutistiche, possono essere impiegati al solo scopo di preservare il buono stato di salute, prevenire possibili stati patologici e integrare stati di carenza nutrizionale.

Professor Miglio ci sono casi in cui la farmacologia ha "imparato dalle piante", sintetizzando in laboratorio principi attivi ispirati a quelli trovati nelle piante?
Oggi conosciamo un numero enorme di sostanze bioattive naturali, provenienti da piante, microorganismi, animali e minerali, come riportato in questo articolo. L’identificazione delle sostanze bioattive presenti nelle fonti naturali, lo studio della loro struttura chimica e delle loro proprietà farmacologiche ha stimolato la realizzazione di farmaci innovativi, efficaci e sicuri, non esistenti in natura. L’acido acetilsalicilico, il principio attivo dell’Aspirina, si può ritenere un formale derivato della salicina, responsabile delle proprietà antalgiche e antipiretiche della corteccia e delle foglie del salice, già note agli antichi Egizi.
Tra i molti principi attivi di “origine naturale” impiegati in terapia, alcuni sono ricavati dalle fonti naturali tradizionali, come la morfina dal papavero da oppio. Altri, pur essendo identici a quelli naturali, sono ottenuti tramite metodi chimici, o biotecnologici: la scelta di questa seconda via può dipendere dagli elevati costi delle procedure di estrazione e purificazione dalle fonti naturali, da ragioni di sicurezza, dalla difficoltà di ottenere quantità adeguate di sostanze o prodotti finali con composizione quali-quantitativa costante nel tempo.Inoltre, una composizione più semplice, un singolo principio attivo, presente in molti medicinali “convenzionali”, consente di prevederne e riprodurne più facilmente gli effetti, rispetto a una miscela di sostanze, tipica dei “prodotti naturali”, i cui effetti sono anche legati alle interazioni tra i componenti della miscela.

Dunque non è detto che “naturale” è sempre meglio…
Miglio: In generale l’origine non consente di discriminare tra ciò che è utile, e quindi desiderabile, e ciò che è pericoloso, e quindi da evitare. L’utilità/pericolosità delle sostanze bioattive può essere dedotta dalla relazione dose-esposizione-effetto, quando conosciuta, ma può dipendere anche dallo scopo e dalle modalità d’impiego. La tossina botulinica è una sostanza naturale estremamente pericolosa se assunta inconsapevolmente come contaminante di alimenti. Eppure se usata come principio attivo di alcuni medicinali può essere molto utile per trattare l’emicrania cronica (qui lo studio).
Inoltre, assumere prodotti naturali in concomitanza a terapie basate su altri rimedi potrebbe portare a conseguenze gravi e imprevedibili. L’impiego di prodotti per trattare stati depressivi contenenti l’erba di San Giovanni (Hypericum perforatum L.), ha causato il rigetto d’organo in pazienti trattati con ciclosporina, un farmaco anti-rigetto, come riportato qui e qui, perché l’iperforina, contenuta nella pianta, modifica la capacità dell’organismo di eliminare la ciclosporina.
Rubiolo: Un ulteriore elemento da non sottovalutare è la possibile presenza nei prodotti naturali di microrganismi patogenio sostanze chimiche contaminati pericolose, come evidenziato da questo studio.
Quindi i “rimedi naturali”, come quelli “non-naturali”, sono una risorsa preziosa, ma da usare con cautela, facendo tutte le valutazioni del caso sui possibili rischi e vantaggi.

Intervista a

Patrizia Rubiolo
Gianluca Miglio
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

A cura di

Redazione FRidA
Pubblicato il

08 maggio 2020

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