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Infezioni e difese

Colpire le cellule staminali tumorali per curare il cancro al seno

© RebeccaVC1 - flikr.com

Fra i tipi di tumore al seno, quello triplo negativo è ancora senza cure efficaci. Noi proponiamo di curarlo colpendo le cellule staminali tumorali (CSC), responsabili di recidive, metastasi e resistenza alla chemioterapia. A tal fine abbiamo identificato potenziali bersagli molecolari delle CSC.

In Italia una donna su 8 viene colpita dal tumore al seno nel corso della propria vita, ma fortunatamente la mortalità è in costante diminuzione grazie alla diagnosi precoce e a terapie che colpiscono in modo mirato le cellule tumorali grazie ad alcune molecole presenti sulla loro superficie, come il recettore per gli estrogeni o per il progesterone, e il recettore HER2. Tuttavia alcuni tipi di tumore, non presentando questi recettori, non rispondono alle terapie mirate, e la chemioterapia rimane l’unica opzione. Tra questi ci sono i tumori “tripli negativi” che sono particolarmente aggressivi perché tendono a dare origine a recidive e metastasi più facilmente rispetto agli altri.
Si pensa che questi fenomeni siano legati alle cellule staminali tumorali (CSC) che sono una minoranza rispetto alla gran parte delle cellule tumorali e che a differenza di queste sono resistenti alla chemioterapia. Sono queste cellule quindi a dover diventare il bersaglio delle nuove terapie.

Nella nostra ricerca, condotta anche grazie a finanziamenti dell’AIRC, ci siamo focalizzati sulle cellule del cancro al seno triplo negativo confrontando i geni espressi dalle cellule tumorali non staminali con quelli espressi dalle staminali, in modo da trovare un bersaglio molecolare specifico per le seconde. Per fare ciò, abbiamo usato le cosiddette tumorsfere, strutture tridimensionali originate da singole CSC che permettono di incrementarne la percentuale. Ci siamo quindi concentrati sui geni che sono maggiormente espressi nelle CSC e che producono proteine poi esposte sulla superficie cellulare. 

Abbiamo così identificato circa 20 molecole di membrana, tra cui la Teneurina 4 e xCT sono sembrate ottimi candidati come potenziali bersagli di terapia. xCT in particolare è coinvolta nella capacità della CSC di resistere in condizioni ostili, come quelle indotte dai trattamenti radio- e chemio-terapici. La sua espressione si osserva in un’alta percentuale di tumori mammari invasivi, tra cui il cancro al seno triplo negativo, e correla con una prognosi peggiore.
xCT fa parte di un sistema di trasporto attraverso la membrana cellulare, che scambia il glutammato intracellulare con la cistina extracellulare: il primo tende a potenziare il segnale oncogenico; la seconda è coinvolta nell’azione difensiva della cellula nei confronti di stress ossidativo e danno chimico.

Ci siamo quindi concentrati sulla possibilità di stimolare il sistema immunitario a riconoscere xCT sulle CSC, favorendone l’eliminazione o il blocco funzionale. In particolare abbiamo generato e sperimentato in modelli pre-clinici tre diverse formulazioni di vaccino contro xCT (Lanzardo et al.; Bolli et al.; Donofrio et al.). In tutti i casi, il vaccino si è dimostrato capace di generare anticorpi anti-xCT che, incubati in vitro con le CSC, ne aumentano la sensibilità alla chemioterapia. In vivo, la vaccinazione ha portato a una riduzione della capacità dei tumori mammari di crescere e dare metastasi. Tale effetto è risultato maggiore in associazione con la chemioterapia.
Condurremo ora ulteriori indagini per ottimizzare il vaccino anti-xCT ed eventualmente generare anticorpi monoclonali in grado di bloccarne la funzione oncogenica. Stiamo inoltre caratterizzando in maggiore dettaglio il ruolo che ha xCT nella biologia delle CSC e, più in generale, nella progressione della malattia neoplastica.


Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Federica Cavallo
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

12 marzo 2019

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