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Fondamenti della materia

Particelle, antimateria e tutto quanto. Quello che (non) sappiamo sull'Universo

Photo by Georgios Kaleadis on Unsplash

Se fin dall’antichità il cielo stellato ha suscitato nell’umanità le domande più profonde e affascinanti, facendo anche da apripista al metodo scientifico, il ‘900 è stato un secolo di avanzamenti molto importanti su come è fatto l’Universo. Ma, come spesso succede, le risposte hanno aperto la strada ad altre domande. 
L'intervista si inserisce nella Proposta di Lettura Magnifiche presenze. Visioni dantesche nella ricerca di oggi. La scelta dell'estratto della Divina Commedia e il relativo commento sono a cura del professor Donato Pirovano e del Comitato studentesco Per correr miglior acque

La natura del mondo, che quïeta
il mezzo e tutto l’altro intorno move,
quinci comincia come da sua meta;
e questo cielo non ha altro dove
che la mente divina, in che s’accende
l’amor che volge e la virtù ch’ei piove.
(Paradiso XXVII, vv. 106-111)

Dante e Beatrice sono nel cielo superiore, il Primo Mobile, da cui ha origine il movimento di tutto l’universo, che ha il suo luogo nella mente stessa di Dio. Nel Primo Mobile si accende quell’amore che lo fa girare, e quella virtù che esso fa discendere su tutti gli altri cieli. Il cielo nono, nell’astronomia nota a Dante, non aveva altra ragione di esistere se non dare l’avvio al moto degli altri, con la Terra al centro, immobile.

PARTICELLE, ANTIMATERIA E TUTTO QUANTO. QUELLO CHE (NON) SAPPIAMO SULL'UNIVERSO

Il Paradiso di Dante rispecchia la struttura del sistema geocentrico Tolemaico con la Terra posta al centro dell'Universo e intorno a essa nove cieli, cioè nove sfere concentriche responsabili del movimento dei pianeti. Se con la rivoluzione Copernicana, del ‘500, scopriamo che è il sistema eliocentrico a descrivere più correttamente la struttura della porzione di Universo “prossimo” alla Terra, quello che si è scoperto nei secoli successivi, in particolare nel corso del ‘900 ha più di una volta contraddetto non solo il nostro senso comune e la nostra percezione, ma anche le ipotesi dei fisici, per esempio per quanto riguarda l’esistenza dei buchi neri.
Cosa sappiamo dunque oggi dell’Universo e cosa resta ancora da scoprire? Lo abbiamo chiesto a Nicolao Fornengo, docente di Fisica Astroparticellare e Cosmologica e Relatività Generale.

Professor Fornengo, potrebbe riassumere le principali caratteristiche dell’Universo per come lo conosciamo oggi?
In effetti il ‘900 è stato un secolo di sviluppi molto importanti, disseminati anche da diversi premi Nobel ricevuti da quei fisici che hanno contribuito in modo significativo a queste scoperte. Innanzi tutto a differenza di quanto si riteneva all’epoca di Dante, oggi sappiamo che l’Universo non è statico, ma evolve, e che lo fa in modo accelerato (premio Nobel 2011): in passato era più caldo e denso, rispetto a oggi e si espandeva rallentando la sua espansione. Sappiamo la sua età, 13,8 miliardi di anni, che è omogeneo ed isotropo se guardato su grandissima scala, ma che se scendiamo a scale via via più piccole appare disomogeneo, con ammassi di galassie e galassie separate da grandi vuoti. Sappiamo anche che solo il 4% è fatto dal tipo di materia che conosciamo e che viene descritta dal modello standard delle interazioni fondamentali confermato in modo completo nel 2012 dalla scoperta del bosone di Higgs (Nobel per la fisica 2013). Il restante 96% è costituito da materia ed energia oscura, componenti di cui non conosciamo ancora la natura ma che sappiamo esserci per i loro effetti gravitazionali sulla materia che “vediamo” nell'Universo e sul loro effetto nel modo in cui l'Universo si espande. La rivelazione delle onde gravitazioni del 2015 (Nobel per la fisica 2017) ci ha poi dato una prima conferma diretta, oltre che dell’esistenza di queste onde, dell’esistenza dei buchi neri, di cui già avevamo evidenze indirette ma che fino a qualche decennio fa esistevano solo “sulla carta”, cioè come soluzioni matematiche delle equazioni della Relatività Generale scritte 100 anni fa da Albert Einstein.

Se per Dante è Dio al centro di tutto ed è il suo amore “che move il sole e l’altre stelle”, il sistema Tolemaico a cui egli si riferisce pone la Terra al centro dell’Universo rafforzando le concezioni dell’Umanesimo (l’uomo al centro di tutto) sviluppatesi appena un secolo dopo l’epoca in cui Dante scrive la sua Commedia. Cosa si può dire oggi per quello che riguarda la nostra posizione, di Terra-Umanità nell’Universo?
In effetti a partire dalla rivoluzione copernicana la ricerca ci ha portato non solo a capire che non siamo al centro dell’universo, ma anche che la nostra stella è marginale all’interno della nostra galassia - non è la più grande né la più luminosa, né occupa una posizione privilegiata - e che la galassia in cui siamo è solo una delle tantissime che popolano l’universo. È una nuova conoscenza che, come umanità, ci costringe a pensare a noi stessi e alla nostra esistenza con più umiltà. Ma rimane un aspetto affascinante da constatare: la materia, quella di cui siamo fatti anche noi, è in grado di organizzarsi a tal punto da costituire una coscienza che si interroga su stessa.

A questo proposito, quali sono le grandi domande ancora aperte e per le quali i fisici stanno cercando risposte?
Una delle domande aperte, di cui solitamente si parla meno, riguarda la così detta asimmetria materia-antimateria. L’antimateria è costituita da particelle uguali nella massa alle particelle della materia ordinaria, ma di carica elettrica di segno opposto: quando una particelle e un’antiparticella si scontrano annichilano, cioè la loro massa si converte in energia (fotoni) o altre particelle. Ora, a partire dal Big Bang materia e antimateria avrebbero avuto la stessa probabilità di formarsi, con il risultato di un Universo formato in uguale quantità di materia e antimateria. Questo però non è quello che osserviamo nell'Universo attuale: la quantità di materia ha chiaramente prevalso su quella dell’antimateria, mentre rare quantità di antimateria vengono prodotte solo occasionalmente nell'Universo. Per spiegare come mai nell'Universo sia prevalsa in modo predominante la materia, è necessario andare oltre le conoscenze attuali sulla fisica delle interazione fondamentali e ipotizzare nuovi tipi di interazione tra particelle capaci di spiegate l'origine si questa asimmetria quando poste nel contesto dell'evoluzione dell'Universo.
Ma la domanda sicuramente più pressante consiste nel comprendere, come accennavamo prima, la natura di quel 96% di Universo che ci è sconosciuto, e che sappiamo essere composto per il 25% circa di materia oscura e per il restante circa 70% di energia oscura.

E questo è proprio questo l'ambito in cui muove la vostra ricerca. Nello specifico studiate la radiazione gamma emessa dalla materia oscura. Di che cosa si tratta e perché è importante studiare i raggi gamma per capire la materia oscura?
La ricerca svolta dal nostro gruppo parte dall’ipotesi che la materia oscura sia fatta di un nuovo tipo di particelle massive, dette WIMP - weakly interacting massive particles, che interagiscono solo molto debolmente con il resto della materia e tra di loro. Particelle con queste caratteristiche permettono una spiegazione molto semplice e naturale della natura fondamentale della materia oscura: sono state prodotte nella giusta abbondanza nell'Universo primordiale, quando era caldo e denso, e portano alla formazione della corretta struttura su larga scala dell'Universo, proprio così come la osserviamo. Una caratteristica delle WIMP è che possono annichilare tra di loro e produrre, tra le altre cose, raggi gamma. Si tratta di una forma di radiazione elettromagnetica molto più energetica della luce visibile e che si può rivelare con opportuni telescopi come il Fermi Large Area Telescope (LAT) in orbita ormai da oltre 10 anni. Rivelare raggi gamma provenienti da regioni cosmiche particolarmente massive potrebbe essere allora la strada per confermare questa teoria e dare una soluzione alla domanda: da cosa è composta la materia oscura?

Ci può riassumere i vostri risultati più recenti?
Quello che facciamo essenzialmente è mettere in relazione, con opportune tecniche statistiche, i dati relativi alla distribuzione della materia nell'Universo con quelli raccolti da telescopi spaziali come ad esempio il Fermi-LAT che, orbitando attorno alla Terra, misura continuamente la radiazione gamma proveniente dal cosmo. In Segnali di materia oscura nel cielo gamma? avevamo raccontato di aver effettivamente misurato una correlazione fra la distribuzione di materia al di fuori della nostra galassia e i segnali elettromagnetici che essa può produrre trovando che effettivamente il segnale osservato ha le caratteristiche che ci si aspetta se fosse prodotto da materia oscura.
Nel 2016 avevamo poi identificato circa 20mila nuove sorgenti di raggi gamma, grazie a una tecnica statistica avanzata che consente di evidenziare la presenza di sorgenti molto più deboli di quelle che possono identificare direttamente i telescopi. Nello studio più recente, pubblicato su Physical Review Letters, abbiamo fatto una altro passo avanti usando i dati del Dark Energy Survey (DES), in grado di mappare la materia oscura sfruttando l’effetto della lente gravitazionale: distorsioni delle immagini delle galassie lontane dovute proprio a forti densità di massa come quelle che caratterizzano la materia oscura. Abbiamo così potuto correlare per la prima volta l’intensità della radiazione gamma proveniente dal cosmo con le regioni dell’Universo che contengono molta materia oscura. Ora occorre distinguere quanta radiazione gamma sia emessa effettivamente dalla materia oscura e quanta da sorgenti astrofisiche come ad esempio i blazar, galassie con un buco nero supermassiccio al loro centro che emettono grandi quantità di radiazione. I nostri risultati fanno ben sperare: la correlazione misurata dimostra che una frazione rilevante della radiazione cosmica proviene da queste sorgenti astrofisiche, tuttavia non corrisponde completamente alle aspettative teoriche nel caso sia causata solo dai blazar. Una parte di segnale potrebbe essere originato proprio dalla materia oscura, avendone appunto le giuste caratteristiche.


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Questa storia di ricerca si trova in:


Intervista a

Nicolao Fornengo
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

A cura di

Redazione FRidA
Pubblicato il

03 aprile 2020

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