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Quando la scienza precede la politica. Le collaborazioni europee e il Cern

foto: 1. Misure di radioattività del Proton Synchrotron (PS), il primo acceleratore di particelle del CERN, 1966 / 2. Scultura realizzata nel 2014 per celebrare i 60 anni del CERN / 3. Leslie Thornhill davanti a specchi usati nella rilevazione della radiazione Cherenkov, 1966

Nacque nel 1954 durante la ricostruzione post bellica e oggi è il laboratorio di fisica delle particelle più grande al mondo. È il Consiglio europeo per la ricerca nucleare (Cern) ed è motivo d’orgoglio per l’Europa tutta. Come è nato? E quanto ha contribuito all’Unione, anche politica, dell’Europa?

Ne abbiamo parlato con lo storico della fisica Matteo Leone, che ci ha aiutato a leggere e riassumere gli scritti di Edoardo Amaldi, protagonista della fondazione del Cern, e di Giovanni Battimelli, esperto di storia delle istituzioni scientifiche italiane.

Professor Leone, con quali motivazioni nasce il Cern?
Con la fine della seconda guerra mondiale l’Europa si trovava non solo devastata dai bombardamenti e dalla povertà ma anche quasi del tutto priva di strutture di ricerca e svuotata delle menti più brillanti a causa dell’esodo provocato dalle leggi razziali prima e dalla guerra poi. La situazione di arretratezza era tanto più evidente quanto più ci si confrontava con gli Stati Uniti. Maturò quindi presto l’idea, nella comunità dei fisici europei tra cui Edoardo Amaldi, Pierre Auger e Niels Bohr, di creare un laboratorio comune per le ricerche nucleari con attrezzature all’avanguardia che i singoli paesi europei non avrebbero potuto permettersi da soli. Una presa di coscienza in cui l’Italia ha giocato un ruolo di primo piano attraverso l’impegno di Amaldi, europeista convinto, e di una classe politica che già intravedeva l’importanza anche per l’Italia di una unione europea politica ed economica. Parallelamente allo sviluppo del Cern negli anni ‘50 e ‘60 prendeva forma anche l’identità di una fisica italiana attraverso la nascita di enti come l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

Ci ha citato il ruolo di primo piano di Niels Bohr, che aveva fondato e diretto per decenni l’Istituto di Copenaghen, distintosi per eccellenza nella fisica teorica durante la prima metà del ‘900. L’istituto che si andava costituendo a Ginevra non avrebbe spostato risorse e prestigio fuori dalla Danimarca?
Bohr era ben consapevole che la ricerca importante anche in campo teorico di lì in poi si sarebbe fatta al Cern e che il suo istituto si sarebbe dovuto ri-orientare. Si rendeva conto però che la strada da intraprendere per il bene della ricerca era quella di unire il più possibile i fisici laddove era più utile farlo, anche a discapito di un primato della Danimarca, e quindi in generale dei localismi. In altre parole ha dato la priorità all’eccellenza europea al cospetto degli Stati Uniti, rispetto alla centralità della Danimarca in Europa.

Nella convenzione del Cern si legge: “The Organization shall have no concern with work for military requirements”. E in effetti quando si parla di “nucleare”, soprattutto riferito a quegli anni, si pensa inevitabilmente alla bomba atomica, che aveva visto una stretta collaborazione tra fisica e politica a scopi bellici nel progetto Manhattan. Ha avuto un ruolo questo nella costituzione del Cern? Si può parlare di un senso di colpa da parte degli scienziati per quanto era accaduto pochi anni prima?
È difficile dire che questo sia stato un movente condiviso per la costituzione del Cern, perchè le sensibilità erano molto diverse, tra chi ritenne la costruzione e l’uso della bomba un’operazione necessaria per terminare la guerra a favore degli Alleati, chi a posteriori si rese conto che non era necessaria, e chi ne volle rimanere fuori fin da subito rifiutando l’idea di una scienza al servizio della strategia militare. Tra questi ultimi vi fu Amaldi che nei decenni successivi alla guerra si impegnò strenuamente per il disarmo nucleare. Sicuramente però gli scienziati fondatori del Cern erano consapevoli che la pace era una condizione necessaria per lo sviluppo di attività di ricerca all’altezza di quelle svolte oltreoceano.

Si può dire che il Cern abbia contribuito alla ricostruzione dell’Europa - se non altro a livello scientifico - dopo la devastazione delle due guerre mondiali?
Si può sicuramente affermare questo ma si può anche andare oltre dicendo che le collaborazioni scientifiche hanno in diverse occasioni preceduto le unioni politiche. Era successo già per l’Italia, ben prima della sua unificazione del 1861: a partire dal 1839 avevano preso avvio i congressi annuali “degli scienziati italiani”, tenuti in diverse città della nostra Penisola. Erano tentativi di dare forma a un tessuto nazionale di ricerca attraverso eventi presentati come italiani, anche in assenza di una Nazione Italiana. E i fini erano anche molto pratici, come quello di costituire un servizio di meteorologia nazionale o di fondare una rivista scientifica “per gli scienziati italiani” o, ancora, di costituire una vera e propria Accademia Nazionale delle Scienze.
L’Unione economica europea si forma nel 1957, quattro anni dopo la fondazione del Cern. Ma già prima erano in atto ampie collaborazioni, come gli esperimenti di rivelazioni di raggi cosmici in quota (G-Stak), già indicative delle nuove dimensioni che la ricerca in fisica cominciava ad assumere in Europa e in Italia.

Questa storia di ricerca si trova in:


Intervista a

Matteo Leone
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

A cura di

Redazione FRidA
Pubblicato il

11 aprile 2019

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