Il vetro è un materiale interessante, soprattutto se si considerano i suoi esemplari più antichi. Questa storia mescola archeologia, scienza dei materiali, conservazione e geologia. Mostra una prospettiva poco conosciuta sui manufatti antichi, proponendo di guardarli dal punto di vista materiale. Tutto questo può essere detto letteralmente in due parole: archeometria del vetro.
Questa storia potrebbe iniziare nei grandi deserti d'Egitto. O sulle spiagge del Levante. O sulla riva del grande fiume Eufrate. Non ha importanza il luogo: ciò che conta è che questa storia inizia con la sabbia. Plinio il Vecchio racconta di alcuni mercanti che avevano usato sulla spiaggia dei blocchi di natron per allestire il fuoco per cucinare, facendo fondere la sabbia e formando il primo vetro prodotto da un essere umano, con grande divertimento dei mercanti stessi. Gli scienziati e le scienziate moderne sorridono sempre sentendo questa storia, forse un po’ ingenua, che tuttavia continua a essere raccontata di libro in libro. Al tempo dell'Età del Ferro il vetro era probabilmente un materiale già ben noto, modellato per costruire molte cose utili o semplicemente belle. Poteva essere colorato in molti modi e trasportato a grandi distanze.
Tremila anni dopo, nell'ambito del progetto Technologies for Cultural Heritage*, mi trovo a proporre di studiare i vetri dei siti archeologici etruschi con tecniche strumentali di indagine scientifica. Gli oggetti antichi possono ancora darci informazioni e svelare i misteri del passato. Il trucco è "interrogarle" nel modo giusto, e il lavoro necessario per interpretare le diverse risposte ottenute attraverso le diverse domande è decisamente interessante. Il cuore della mia ricerca è studiare la composizione chimica dei manufatti etruschi per fare ipotesi sulla tecnologia e la provenienza dei vetri antichi. Ma perché gli studi sui vetri etruschi sono così importanti? Perché la loro civiltà ricopriva un ruolo fondamentale nella mappa commerciale del Mediterraneo nell'Età del Ferro. Essendo abili e ben istruiti nella metallurgia, gli Etruschi avrebbero avuto tutti i prerequisiti per iniziare a produrre il loro vetro, ma finora non sono state trovate prove conclusive a supporto di una produzione autonoma.
La mia ricerca ha due direzioni principali: gli aspetti tecnologici e la provenienza del vetro primario. La prima affronta questioni come il modo in cui si otteneva il colore finale, cosa si usava per realizzare vetri opachi, come si modellavano gli oggetti, qual era la temperatura della fornace, ecc. La seconda, che è molto più complicata, mira a comprendere dove è stato fatto il vetro utilizzato per produrre quegli oggetti. Nel mio lavoro, utilizzo delle apparecchiature analitiche che forniscono dati chimici. Di solito si tratta di qualche tipo di radiazione generata dall'apparato e diretta verso il campione; da lì, una radiazione modificata, dopo l’interazione con l’oggetto, ritorna all'apparecchio dove viene trasformata e presentata come informazione spettrale (relativa cioè alla gamma di lunghezze d’onda della radiazione di ritorno, NdR.). Il ricercatore esperto poi interpreta queste informazioni in base alla conoscenza del contesto e alla scienza dei materiali.
Il mio lavoro mi ricorda la serie tv CSI - Scena del crimine. Io non indago sulle scene del crimine, ma ogni reperto archeologico, se studiato adeguatamente, può aiutare a "risolvere il caso" e a dare un'idea della vita quotidiana delle persone vissute nel passato e delle loro capacità e avanzamenti in campo tecnologico. Al momento collaboro con diversi musei tra cui il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e il Museo Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini" di Roma.
Gli studi sul vetro antico sono così deliziosamente complicati! Come materiale, il vetro occupa un posto molto speciale a causa della sua struttura e del processo di fabbricazione. È una miscela di diverse materie prime che possono provenire da diversi luoghi; può essere stato riciclato in passato e il suo degrado superficiale può complicarne lo studio; ci sono tante combinazioni di fattori che ne influenzano l'aspetto finale, è quasi impossibile datarlo con precisione, ecc. Tutto questo lo rende il mio materiale preferito da studiare e interpretare.
Ora aspetto i risultati di queste ricerche come un bambino aspetta il Natale! E spero che il mio entusiasmo sia condiviso dai musei, che riceveranno un'ulteriore attribuzione dei loro oggetti, dagli archeologi che avranno informazioni più solide per costruire le loro conclusioni e dal grande pubblico che avrà la possibilità di scoprire il vetro da una prospettiva diversa.
*Il progetto T4C (Technologies for Cultural Heritage) è finanziato dal programma Horizon 2020 per la Ricerca e Innovazione dell'Unione Europea, in accordo con il Marie Skłodowska-Curie grant agreement N. 75451.