Brand
Culture, Produzione culturale e artistica, Filosofia

La documentalità per organizzare una società complessa

L’esplosione della scrittura e degli strumenti di registrazione alla quale stiamo assistendo richiede l’elaborazione di una nuova impalcatura teorica che consenta una gestione pratica di documenti la cui produzione sfugge all’intenzione dei produttori e il cui mantenimento risulta sempre più costoso

Immaginiamo un matrimonio che avvenga in totale assenza di documenti. Immaginiamo anche che tutti gli strumenti di registrazione (smartphone, videocamere, penne per scrivere…) non abbiano, per qualche strana coincidenza, registrato nulla. Immaginiamo infine che tutti i presenti siano stati colpiti da un’amnesia. Potremmo davvero dire che la coppia è sposata? Questo breve esperimento mentale esprime l’intuizione dalla quale questo progetto muove, e cioè che, contrariamente all’idea dominante nel Novecento, la nostra società non sia una “società della comunicazione” quanto piuttosto una “società della registrazione”, come prova la massiccia esplosione di strumenti per la scrittura e la registrazione alla quale stiamo assistendo. È dalla registrazione che dipendono l’esistenza e la persistenza nel tempo di cose come le promesse, i ruoli, i debiti e i crediti, le identità delle persone, le rivoluzioni e le crisi economiche, cioè tutte quelle cose - o “oggetti sociali” - che popolano il mondo di tutti i giorni e dalle quali dipendono, in larga misura, la nostra felicità e infelicità.

Partendo da questa ipotesi, abbiamo individuato quattro sintomi del “mal d’archivio” connesso al proliferare di strumenti di registrazione: proliferazione dei documenti (pensiamo ai big data); indeterminazione dei documenti (difficoltà di ricostruzione della catena causale); fragilizzazione dei documenti e sostenibilità economica (necessità e difficoltà di conservazione). Per far fronte a tali sintomi, abbiamo proposto di applicare la “teoria della documentalità”, già elaborata in lavori precedenti. La documentalità è stata qui sviluppata in tre diverse direzioni: ontologia (che cos’è un documento?), tecnologia (quali sono e qual è la natura degli strumenti di registrazione?), pragmatica (come si gestiscono i documenti così prodotti?); e in riferimento a tre ambiti specifici, dove i documenti rivestono un ruolo fondamentale: società vs. natura (ontologia sociale e ontologia della biologia); ontologia dell’arte (ontologia delle opere d’arte e teoria degli archivi digitali), ontologia del tempo (persistenza dei documenti nel tempo).

Il lavoro iniziato con questo progetto prosegue oggi non solo al Laboratorio di Ontologia dell’Università di Torino, ma anche in diverse altre istituzioni di ricerca, in Italia e all’estero, tra le quali il Käte Hamburger Centre for Advanced Study “Law as Culture” di Bonn (anche a seguito del convegno internazionale organizzato all’interno del progetto il 19 novembre 2013); e il College d’Études Mondiales di Parigi, dove è attualmente in corso il progetto “Documedialité. Nouvelles formes d’archivation et de classification de la production en SHS”. Numerosi convegni e pubblicazioni, nazionali e internazionali, hanno diffuso i risultati teorici e le possibili ricadute pratiche - con particolare riferimento alle pratiche di gestione e conservazione dei documenti digitali - conseguiti attraverso il progetto.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Maurizio Ferraris
Elena Casetta
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

30 gennaio 2019

condividi

potrebbero interessarti anche