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Falle girare! Libera circolazione delle decisioni giudiziarie nell'Unione europea

Photo by Paulo Carrolo on Unsplash

Oltre ai tanti effetti positivi legati alla creazione dell’Unione europea vi è quello, collaterale, di avere allargato il campo di azione della criminalità. Occorre allora valorizzare le potenzialità di strumenti normativi volti ad assicurare la “circolazione” delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri, a tutela dei condannati e della collettività.

Il processo di integrazione europea ha portato a realizzare uno spazio economico, giuridico e sociale incentrato sulla libera mobilità delle persone e sulla circolazione di merci, servizi e capitali. L'eliminazione delle barriere alla circolazione è un efficace fattore di crescita economica, che porta, come effetto collaterale, una maggiore circolazione della criminalità. Per questo, a partire dagli anni 1990, l'Unione europea ha avviato forme di cooperazione sempre più stretta nel settore della giustizia penale, sino ad allora rigorosamente riservato all'esclusivo e sovrano potere degli Stati.

Tra le molte misure adottate, il nostro progetto di ricerca si è concentrato su alcuni atti normativi volti ad assicurare la “'circolazione”' delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri. Questi strumenti disciplinano le procedure che consentono a uno Stato di riconoscere una decisione emessa da un'autorità giudiziaria straniera e di eseguirla sul proprio territorio, alla stregua di un provvedimento di un giudice nazionale.

Alcuni di questi meccanismi riguardano le sentenze di condanna definitive e prevedono la possibilità di trasferire il condannato all'estero. Tali strumenti affrontano in particolare la situazione in cui i cittadini europei commettano reati mentre si trovano a vario titolo in uno Stato diverso da quello di origine. In tali situazioni, occorre garantire che l'esecuzione di una pena detentiva - o di una sanzione alternativa - o di una decisione di messa alla prova avvenga dove il soggetto coinvolto ha il proprio "centro di gravità", ad esempio sotto il profilo sociale, familiare o culturale. Si perseguono così due obiettivi complementari: da un lato si incentiva la natura risocializzante della pena; dall'altro lato si tutela l'ordine pubblico, scongiurando il rischio di impunità e minimizzando il rischio di futura recidiva.

Questi strumenti hanno dunque il pregio di tutelare, al contempo, i diritti del condannato e le aspettative di sicurezza della collettività. La loro attuazione, tuttavia, non è esente da criticità. Anzitutto, sono strumenti dalle potenzialità operative largamente inesplorate, per via della mancanza di conoscenza e formazione o a causa dell'esorbitante carico di lavoro delle autorità giudiziarie. Inoltre, i meccanismi in esame sono talvolta utilizzati per finalità indebite, come per esempio l'allontanamento dal territorio nazionale di soggetti indesiderati, indipendentemente dal loro reale “centro di gravità”.
Infine, le regole nazionali sull'esecuzione penale spesso differiscono sensibilmente tra loro e questa frammentazione normativa determina - in assenza di norme europee comuni - frequenti ostacoli all'avvio di richieste di cooperazione giudiziaria.

In questo contesto il nostro lavoro, svolto in stretta collaborazione con il Ministero della giustizia italiano e con le autorità giudiziarie rumene e spagnole, è consistito nell’individuare i principali ostacoli tecnico-giuridici all’attuazione di questi strumenti e nell’elaborare protocolli condivisi destinati a garantire una soluzione a tali difficoltà. Abbiamo inoltre valorizzato l’aspetto formativo, con eventi indirizzati alle varie categorie professionali coinvolte.

un racconto di
Stefano Montaldo
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

13 marzo 2020

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