Nei pazienti con schizofrenia la maggior parte del deterioramento neurocognitivo si manifesta nei primi 5-10 anni di malattia. Questo avviene anche a causa della scarsa aderenza alle cure tipica di questi pazienti, che favorisce il ripetersi di nuovi episodi acuti di malattia con conseguenze "tossiche" sul sistema nervoso centrale.
L’impiego precoce di una terapia antipsicotica somministrata al paziente dagli operatori dei servizi di salute mentale una o due volte al mese, riduce drasticamente i casi di scarsa aderenza alle cure e in tal modo abbatte i tassi di ricaduta e di ospedalizzazione di questi pazienti, migliorando la prognosi della malattia sia a breve che a lungo termine. Tuttavia, queste terapie non sono esenti da effetti collaterali. In particolare, gli antipsicotici di uso corrente presentano un elevato rischio di effetti collaterali di tipo metabolico (tra cui aumento di peso) che spesso determinano, insieme allo stile di vita e a fattori genetici, l’insorgenza della cosiddetta sindrome metabolica. La sindrome metabolica è associata a complicanze mediche e aumento del tasso di mortalità per eventi cardiovascolari.
Pertanto, stiamo raccogliendo dati con l’obiettivo di valutare sia l'efficacia, sui sintomi della malattia ma anche sul funzionamento psicosociale e sulla qualità di vita, sia la tollerabilità di questi farmaci in pazienti con recente diagnosi di schizofrenia con particolare attenzione al profilo metabolico.