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L’Africa che è in noi. Sulle tracce biologiche dell'umanità

Foto: gettyimages

Siamo nati in Africa, come primati antropoidi, come genere Homo e come specie Homo sapiens. Studiando i nostri 'cugini' primati non umani, seguendo le tracce biologiche lasciate dall’umanità e studiando la biodiversità e il divenire nello spazio e nel tempo delle popolazioni del passato e viventi, riusciamo a comprendere meglio noi stessi e il nostro legame con l’Africa, per liberare lo sguardo dai pregiudizi e stereotipi. 

A proposito di stereotipi. È vero che gli umani derivano dalle scimmie, in particolare africane?
Gli umani non derivano dalle scimmie attuali. Piuttosto noi e le altre scimmie attuali abbiamo un’antenata (e un antenato) in comune più vicina rispetto a quella che condividiamo con altre forme animali. Dal punto di vista zoologico noi siamo animali, mammiferi (ce lo dice il fatto che abbiamo i peli) e in particolare primati (ce lo indica il pollice opponibile). I primati, che si trovano in Africa ma non solo, sono un gruppo più ampio (‘ordine’, in termini tecnici) che comprende sia le scimmie che le proscimmie (un esempio di proscimmie sono i lemuri del Madagascar). Noi siamo scimmie, non proscimmie: ce lo dice il fatto che possiamo sovrapporre il pollice non solo al palmo della mano, ma anche alle altre dita, caratteristica che ci permette di effettuare anche una presa di precisione, come quella con cui teniamo una penna quando scriviamo. Questa caratteristica è stata cruciale, insieme ad un cervello sviluppato, per la comparsa e l’avanzamento di tecnologie e industrie!

Quindi siamo scimmie. È vero che la nostra storia evolutiva inizia in Africa?
La nostra storia evolutiva più recente inizia in Africa. La nostra storia inizia con i primi esseri viventi, miliardi di anni fa, con i primi animali, più di 700 milioni di anni fa, quindi con i primi mammiferi nel Mesozoico e con i primi primati nell’Eocene, circa 50 milioni di anni fa. Ma è (fino a prova contraria) sul finire del Miocene, in Africa, che le scimmie bipedi si fanno spazio e, tra queste, i nostri antenati e le nostre antenate pre-umane. Siamo intorno ai 6-7 milioni di anni fa. I nostri e le nostre parenti più prossime, scimpanzé e bonobo, vivono nelle foreste tropicali subsahariane, e con noi fanno parte del sottogruppo (chiamato ‘tribù’ in termini tassonomici) degli Hominini, all’interno della più ampia famiglia degli ominidi (che include anche le specie di gorilla e, in Asia, di orango).

Cosa accade nel Miocene di così cruciale da gettare le basi per l’evoluzione umana?
Il Miocene è caratterizzato da una iniziale fase calda e umida, che favorisce l’ambiente di foresta tropicale ed una successiva fase di raffreddamento e inaridimento del clima, che coinvolge specialmente l’Africa orientale. La prima fase favorisce la diffusione di svariate tipologie di scimmie, incluse le scimmie antropomorfe (dalla ‘forma umana’). Tra queste, in foresta, compaiono forme capaci di locomozione bipede non solo occasionale e, al contempo, di arrampicarsi e muoversi piuttosto bene sugli alberi. La seconda fase è importante perché porta alla formazione della savana, che interrompe l’ambiente forestale e rende particolarmente vantaggioso l’utilizzo del bipedismo, affiancato alla capacità di arrampicare, in certi contesti. Un nuovissimo studio uscito a fine 2022, che parte dal comportamento degli scimpanzé in natura, spiega che il bipedismo abituale si è probabilmente evoluto in un ambiente arboricolo. In effetti, la popolazione di scimpanzé studiata, che vive in Tanzania in un ambiente a mosaico di foresta e savana, usa il bipedismo (in questo caso occasionale) prevalentemente sugli alberi, in foresta (e non a terra negli spazi aperti). 

Qual è la peculiarità dell’ambiente africano che favorisce l’evoluzione delle forme bipedi?
Durante la seconda fase del Miocene, lungo l’Africa orientale, si forma anche la Rift Valley, che sarà cruciale teatro dell’evoluzione umana. Oltre a trasformare profondamente la regione, da un territorio piatto, omogeneo, ricoperto da foreste tropicali in un’area dalla geografia irregolare, contribuisce anche a modificare la circolazione delle correnti atmosferiche e di conseguenza il clima locale, dando origine ad un mosaico di habitat comprendenti foresta, savana, prateria, deserto. In questo ambiente, quei primati che, per caso, presentano caratteristiche locomotorie miste (bipedismo e arrampicata), risultano essere avvantaggiati. La liberazione degli arti superiori dalla funzione locomotoria e la stazione eretta permettono l’esplorazione, l’identificazione di predatori e fonti di cibo, e la possibilità di manipolare e trasportare materiali e cibo. Così gli ominini riescono a sfruttare al meglio le numerose risorse presenti sul territorio forestale e di savana.

Ma le forme bipedi avevano davvero una distribuzione così limitata in Africa?
Fino ai primi anni 2000 le forme bipedi si ritenevano ristrette alla zona della Rift Valley, in Africa orientale. Poi però, in Ciad, Africa Centrale, viene ritrovato il cranio quasi completo di quello che si rivela essere il fossile più antico (6-7 milioni di anni fa), finora!, di scimmia con andatura bipede abituale, denominata Sahelanthropus tchadensis. Questo è stato confermato dal ritrovamento di un femore proprio nel 2022. Come detto in precedenza, la ‘sperimentazione’ bipede probabilmente inizia prima e l’apparente scarsità di forme bipedi potrebbe derivare dal fatto che solo una minima parte del materiale osseo fossilizza (ci vogliono condizioni adeguate) e solo una minima parte di questa viene ritrovata. I fossili conservati indicano che furono diversi i generi e le specie che si muovevano in bipedia, con caratteristiche e andature anche diverse dalla nostra a seconda del contesto ambientale prima di foresta e poi in altri ambienti, ominini oggi estinti, ma che sono vissuti per tempi lunghi anche più di un milione di anni. Tuttavia, il nostro quadro è come un puzzle a cui mancano moltissimi tasselli.

Quando i primati da ‘non umani’ passano ad essere considerati ‘umani’?
Verso i 3 milioni di anni fa, sotto la pressione selettiva determinata da un’ulteriore crisi climatica, compaiono le prime forme del genere Homo. Umani, finalmente. Il genere Homo (‘etichetta’ tassonomica che ne identifica la caratteristica ‘umana’) viene assegnato alle prime forme bipedi alle quali, in Africa, viene associata un’industria litica cioè una tecnica di lavorazione della pietra. Pare infatti che bipedi di circa 2,5 milioni di anni fa con un cervello poco più grande di quello di una scimmia antropomorfa fossero in grado di realizzare strumenti in pietra. Diversi animali sanno utilizzare oggetti presenti in natura ed alcuni sono capaci di ottenere strumenti lavorandoli con i propri denti e le proprie mani, ma solo alcuni cervelli… chissà come diversamente organizzati, sono stati in grado di progettare e realizzare un oggetto usandone un altro. Si tratta di due passaggi nel pensiero progettuale: un oggetto interposto che opera tra il proprio corpo e lo strumento da realizzare… in altre parole il concetto di “macchina” che pare sia solo “umano”.

Se l’origine dell’umanità è unica, africana, perché siamo così diversi sulla Terra oggi?
Va innanzitutto chiarito come la variazione genetica tra popolazioni sia minore della differenza all’interno della singola popolazione. Unicità di specie dunque, ma siamo anche una specie “giovane” e quindi abbiamo più probabilità di altre di adattarci a condizioni ambientali diverse. Questo è successo perché a partire dall’ambiente africano, Homo sapiens, con le caratteristiche adatte a quel contesto, ha colonizzato ogni luogo sulla terra, anche ambienti estremi, con processi di selezione e adattamento in relazione alle caratteristiche climatico/ambientali degli specifici contesti, alle risorse, e…all’inventiva locale. È così che siamo “cambiati” esprimendo differenze spesso qualitative, valutabili anche in termini genetici e molecolari, ma anche fenotipici (cioè ‘esterni’), corporei. come ad esempio per la statura: rispetto ai primi Homo sapiens siamo diventati più bassi (vedi Egizi, Assiri, Babilonesi, Romani…) a causa del cambiamento di strategie di sussistenza. Se gli individui più alti, con arti lunghi, hanno caratteristiche vantaggiose per la caccia, quando si passa ad agricoltura e allevamento (circa 10000 anni fa) hanno cibo e successo riproduttivo anche le persone più basse..e la media di statura si abbassa. In sintesi siamo tutti Homo sapiens di origine africana, con DNA comune diversamente espresso, tutto questo a seguito della grande diffusione geografica che ha dato origine a diverse storie fuori dall’Africa. È proprio questa biodiversità la vera ricchezza di una specie, la fonte di sopravvivenza, nel tempo, al variare delle condizioni. Ma più che le differenze fisiche sono state le particolari capacità cognitive ad aver portato alla diversificazione umana nello spazio e nel tempo: siamo più diversi culturalmente che biologicamente.

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