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La grande incertezza del fonetista tra variabili linguistiche e valutazioni imprevedibili

Districarsi (e sopravvivere!) tra le incertezze è per il fonetista un esercizio quotidiano. Da un lato i dubbi relativi alle variabili da misurare dipendenti dalla lingua di volta in volta osservata, dall'altro le valutazioni a volte discutibili di una comunità scientifica molto variegata e di formazione distante dai contenuti delle nostre ricerche.

In un laboratorio di fonetica (come il LFSAG dell'Università di Torino) s’incontrano profili di ricercatore piuttosto diversi, interessati all’uso di metodi quantitativi e talvolta sperimentali per lo studio di variabili linguistiche o di eventi comunicativi. La collocazione interdisciplinare può essere illustrata sommariamente nello schema della figura 1, con un particolare riferimento al laboratorio torinese, dove s’intersecano lavori su temi d’interesse dialettologico con ricerche nel campo delle tecnologie del parlato e dello studio della voce nel parlato e nel canto. 

Affrontare le sfide della classificazione di unità linguistiche come il fonema o l’intonema, le particelle elementari dell’enunciazione, su produzioni linguistiche delle più svariate provenienze determina numerose condizioni in cui è possibile commettere errori di valutazione. L’incertezza del nostro lavoro comincia lì: cosa ci permette per esempio di sentire un’epentesi (un suono che non ha riscontro nello scritto) di [t] in una transizione di tipo /ns/ in penso -> *penzo?; oppure quali valori delle formanti acustiche permettono di distinguere /e/, di "20", da /ε/, del pl. di "vento"? E quali fattori sociali e culturali portano a dire *penzo invece di penso? O *vénti per il pl. di ‘vento’ e quali, invece, portano a dire *vènti per ‘20’?. E così via.

Le incertezze non si esauriscono però nel rapporto tra il ricercatore e la materia analizzata. La posizione interdisciplinare si associa infatti inscindibilmente all’incertezza nella collocazione scientifico-editoriale dei risultati di ricerca e all’imprevedibilità della loro accettazione da parte di una vasta comunità che, nelle aleatorie operazioni di assegnazione dei revisori, può essere rappresentata da valutatori con interessi e formazione totalmente alieni ai contenuti della ricerca.
Gli specialisti di materie sanitarie, per esempio, tendono a riferire il parlato allo scritto, fisici e tecnologi non sempre hanno chiara la distinzione tra “fonema” (un ‘suono’ astratto, intenzionale) e “fono”(un suono concreto e misurabile). Poi ci sono filologi, storici della lingua o sociolinguisti che - oltre a tendere alla confusione sui concetti appena espressi - rischiano di scambiare “statistico” per “quantitativo” e “palatale" per "postalveolare”: è palatale il suono [ç] del tedesco Kirche (chiesa) ed è ben distinto da quello di Kirsche (ciliegia) che ha lo stesso suono di Sci in italiano.

Tutto ciò determina un certo imbarazzo metodologico che obbliga il fonetista a curare aspetti che sarebbero inessenziali ai fini del suo progetto ma che è costretto a introdurre per cautela, spesso con grande dispendio di risorse e nell’incertezza che, comunque, i decisori possano stroncarlo. La fortuna di una ricerca finisce così, spesso, per dipendere da un dettaglio totalmente ininfluente nell’orientamento scelto ma che invece, dal punto di vista della disciplina di cui sono specialisti i revisori, è ritenuto di fondamentale importanza. Inoltre, situandosi a un crocevia disciplinare, molte buone ricerche si candidano per essere apprezzate solo da ricercatori di frontiera, che lavorando al confine dei tre campi, possono non rappresentare figure accademiche centrali, il cui peso politico nell’indirizzo delle grandi linee ricerca macrosettoriali non è tale da favorirle.

Queste politiche rendono particolarmente aleatoria la sopravvivenza del fonetista e più ardimentosa l’avventura del giovane ricercatore in questo campo. Nonostante questo, in periodi di chiusura (materiale o metaforica) degli spazi universitari, i ricercatori si rimboccano le maniche, rinunciano a ricompense utopistiche e creano nuovi canali di comunicazione scientifica (si veda il Bollettino del LFSAG, semestrale), senza rinunciare alla divulgazione e all’impegno per un progresso delle conoscenze alla portata di chi lo voglia cogliere (si vedano i video pubblicati sul canale Youtube del LFSAG, in particolare C’era una volta la fonetica sperimentale: storia di un sonografo e La fibroscopia stroboscopica.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Antonio Romano
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

30 aprile 2020

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