Sindrome Italia di Tiziana Francesca Vaccaro ed Elena Mistrello
Vivono con i nostri nonni o genitori, si prendono cura di loro, ma non le conosciamo davvero: chi sono le donne arrivate dall’Est Europa? Chi erano prima di diventare “badanti”? Chi le aspetta a casa? Lo scopriamo attraverso la storia vera di Vasilica, scritta da Tiziana Francesca Vaccaro e illustrata da Elena Mistrella in Sindrome Italia (Becco Giallo, 2021).
“In apnea. È così che mi sento da quando sono tornata in Romania. Ho scoperto di avere questa cosa, questa Sindrome Italia, come tante altre donne, partite per lavoro e poi mai davvero tornate.”
A parlare è Vasilica, la protagonista di Sindrome Italia, graphic novel pubblicata nel 2021 da Becco Giallo: le autrici, Tiziana Francesca Vaccaro ed Elena Mistrella, si sono ispirate alla sua storia, che è effettivamente quella di tante donne che arrivano dalla Romania, dalla Polonia, dall’Ucraina, dalla Moldavia.
Vengono nel nostro paese per lavorare, per assistere in casa i nostri nonni o genitori, quando non sono più autonomi. Vivono in stretta intimità con i nostri affetti più cari eppure spesso non sappiamo chi sono, chi erano prima di diventare “badanti”, cosa si sono lasciate alle spalle o, semplicemente, come stanno.
Depressione, insonnia, inappetenza, ansia, attacchi di panico: Sindrome Italia è proprio il termine medico usato per indicare l’insieme di malattie invalidanti che le colpisce mentre sono in Italia e che spesso esplode quando poi, dopo tanti anni, tornano a casa.
Ripercorrendo il suo viaggio tra Palermo e Milano, Vasilica prova a spiegare ai suoi figli, lasciati piccoli e ritrovati adolescenti, cosa significa sentirsi sopraffatta da un lavoro estenuante, che non ha orari, dalla rabbia per i trattamenti razzisti che ha subito, dal senso di colpa per aver delegato a qualcun altro la cura dei propri figli, dalla nostalgia che diventa fame di calore umano.
Pagina dopo pagina, anche chi legge si scopre a trattenere il respiro insieme alla protagonista e impara cosa vuol dire sentirsi in apnea o, come una rana sylvatica, congelare il cuore per non sentire più niente.