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Serio ma non serioso: il lavoro secondo il Playful Work Design

Questo contenuto fa parte del tema del mese: Lavoro

Il  cassiere che improvvisa un concerto con il “bip” dei prodotti alla cassa. L’autista di autobus che si sfida nel fare meno decelerazioni improvvise possibili. L’assistente di volo che “rappa” le procedure di sicurezza. Sembrano scene da film tanto sono inverosimili. Ma è davvero impossibile lavorare con leggerezza senza perdere professionalità e produttività? La psicologia per le organizzazioni risponde con il “Playful Work Design”, un approccio al lavoro in cui si introducono elementi di divertimento e sfida nei propri compiti quotidiani.

“Gioco” e “Lavoro” nella stessa frase potrebbero risuonare contraddittori. Da un lato, il gioco evoca divertimento che, nel senso etimologico di “de-vertere” significa proprio “volgere altrove” il pensiero, distrarsi dai doveri con attività più appaganti; dall’altro, il lavoro richiama la fatica, un termine circondato da un’aura decisamente più seria. 

Ma è davvero impossibile coniugare gioco e lavoro? Rendere l’esperienza lavorativa più leggera è l’obiettivo del Playful Work Design, che non vuole né sminuire la serietà dei compiti lavorativi né indebolire la propensione a raggiungere gli obiettivi prefissati, ma suggerire modi di riprogettare le attività per renderle più creative e stimolanti e di conseguenza far sì che il tempo del lavoro sia più piacevole. 

I risultati di una ricerca scientifica condotta dall’Università di Torino in collaborazione con la LUMSA di Roma, che ha coinvolto 480 lavoratrici e lavoratori italiani, mostra che inserire un pizzico di gioco nel lavoro può renderlo più stimolante e sostenibile, con effetti positivi su creatività, performance e benessere.

Il lavoro non cambia nella sostanza, ciò che cambia è lo sguardo con cui lo affrontiamo. Diversi studi mostrano che in un ambiente di lavoro dove prevale l’ironia e una sana competitività le persone hanno più energia, motivazione, concentrazione e creatività. Non è solo questione di buon umore: questo approccio “giocoso” diventa un vero e proprio strumento per rendere più piacevole e produttiva la vita lavorativa. 

La chiave del successo del Playful Work Design è che stimola il comportamento proattivo: le persone prendono spontaneamente l’iniziativa per migliorare le situazioni, senza aspettare in maniera passiva che il cambiamento venga apportato da altri. 

Il Playful Work Design è stato concettualizzato per la prima volta da Scharp e il suo gruppo nel 2018. Autori e autrici partono dall’intuizione di Huizinga (1949), per il quale l’essere umano non dovrebbe essere descritto come Homo Sapiens, ma piuttosto come Homo Ludens, considerando che il gioco è un fenomeno che permea diversi aspetti della vita in diverse forme. 

Inoltre, riferendosi alla “teoria del gioco” secondo cui gli individui giocano per espandere e recuperare le proprie risorse energetiche, hanno teorizzato questo approccio che unisce la παιδιά (paidiā) con l’αγών (agōn), cioè il ludico con l’agonistico: due approcci che, se inseriti nel contesto lavorativo, permetterebbero alle persone di trovare diverse modalità per aumentare le proprie risorse personali e affrontare il lavoro con più energie e in un clima più positivo. 

Negli studi successivi questi due approcci si sono rivelati in grado di favorire maggiore coinvolgimento nelle attività lavorative e maggiore creatività (Scharp et al., 2019) e di rappresentare un sostegno contro quelle caratteristiche ostacolanti del lavoro come monotonia, conflitti o isolamento, riducendone gli effetti negativi (Scharp et al., 2021). 


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Il Playful Work Design può seguire quindi due approcci leggermente diversi: Fun e Competition.

Nell’approccio Fun gli individui usano capacità personali, come l’umorismo e l’immaginazione, per generare stati d’animo positivi e leggeri sia per se stessi sia per gli altri. Si aggiunge un pizzico di leggerezza e uno di creatività, come trasformare una routine in un piccolo spettacolo o un compito noioso in un’occasione per sorridere. 

Immaginate ad esempio di andare da un meccanico che ispeziona la vostra auto con la lente di ingrandimento e il cappello alla Sherlock Holmes oppure di leggere affianco ai codici di programmazione che avete scritto le note del/la vostro/a collega: “che noia! che barba!”. In questo senso, alcuni escamotage possono servire a inquadrare in modo ludico le situazioni, reinterpretandole in chiave divertente, creare narrazioni buffe, o usare l’umorismo per rendere le attività più coinvolgenti. Queste strategie contribuiscono a creare un clima di lavoro più positivo e stimolante anche per colleghi e colleghe, dando il via ad un circolo virtuoso. 

L’approccio Competition, invece, suggerisce di affrontare il lavoro con una mentalità agonistica. Come nello sport individuale, lavoratori e lavoratrici possono riformulare obiettivi e regole autonomamente, per favorire il senso di sfida e di auto-competizione durante le attività lavorative. Si tratta di ingaggiare una sfida personale, in cui le persone competono con loro stesse cercando di migliorare i propri standard di prestazione, oppure suddividono i compiti in piccole parti come fosse un gioco a più livelli. È il caso di quel collega che si sfida a completare tutti gli obiettivi della settimana entro il giovedì per dedicare il venerdì a riordinare l’ufficio o fare archivio, un vantaggio per tutti!

La forza del Playful Work Design è che parte “dal basso”, dalla persona. Certo, una leadership e un management consci dell’efficacia di questi atteggiamenti e che lasciano spazio alla libertà e all’espressione creativa del personale possono certamente incoraggiarlo e far sì che le strategie più efficaci siano adottate da tutti, ma chiunque può provare, nel suo piccolo, a reinterpretare le proprie attività con un approccio più “playful”

Chiediamoci allora: Come posso rendere questo compito più divertente? In che cosa posso sfidarmi per rendere meglio, oggi?