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Beta-cariofillene: dalle piante un rimedio contro i disturbi metabolici

Foto: Calum Lewis / Unsplash

Il β-cariofillene presente negli oli essenziali di molte piante, come il pepe nero, i chiodi di garofano e il luppolo, possiede proprietà anti-infiammatorie, anti-tumorali e analgesiche. Una nostra linea di studio ha verificato il suo ruolo contro obesità e fegato grasso in vitro, indicandone un potenziale impiego come strategia naturale per contrastare questi problemi di salute pubblica globale. 

Il nostro gruppo di ricerca lavora da decenni su diversi aspetti della biochimica, della biologia molecolare e della fitochimica dei metaboliti bioattivi e da circa 20 anni di nutraceutica (si veda qui e qui). I nutraceutici sono sostanze estratte da microrganismi e organismi vegetali e animali, con effetti benefici e protettivi sulla salute. Ultimamente stiamo portando avanti, tra gli altri, un progetto sperimentale in cui viene studiato il ruolo del β-cariofillene, una molecola con proprietà anti-infiammatorie, anti-tumorali e analgesiche, presente negli oli essenziali di numerosissime essenze (pepe nero, i chiodi di garofano, la cananga, la copaiba, il luppolo e molte altre) nell’ambito di progetti finanziati e convenzioni fra il nostro Dipartimento e aziende specializzate nel settore. Sono oltre 300 le specie vegetali in grado di produrre questo importante composto (come descritto in un recente articolo).

Questa sorprendente molecola appartiene alla macro-famiglia dei fitocannabinoidi, composti chimici presenti in numerose specie vegetali (tra cui la più nota è Cannabis sativa) in grado di legarsi a un sistema recettoriale endogeno presente negli organismi animali, dai pesci ai mammiferi. I recettori endogeni principali che legano i cannabinoidi negli organismi animali sono due (CB1 e CB2); il recettore CB1 è presente principalmente nel sistema nervoso centrale ed è pertanto coinvolto nei ben noti effetti psicotropi tipici della cannabis, mentre il recettore CB2 è prevalentemente diffuso nei distretti periferici dell’organismo, non ha effetti psicotropi ed è coinvolto in numerose funzioni regolatorie, tra cui la risposta immunitaria e quella infiammatoria sia negli organi periferici sia nel sistema nervoso centrale. Il β-cariofillene lega selettivamente solo il recettore CB2 ed è molto efficace nella terapia del dolore e come agente anti-infiammatorio.

In collaborazione con i biologi cellulari e i fisiologi del nostro Dipartimento, abbiamo deciso di considerare patologie spesso associate tra loro e quasi sempre caratterizzate da uno stato infiammatorio: l’obesità, la steatosi epatica e il diabete mellito. L’obesità è una patologia ampiamente diffusa a livello globale, definita multifattoriale perché causata da numerosi fattori di origine genetica e ambientale; è caratterizzata da un aumento del grasso corporeo ed è spesso accompagnata ad alterazioni ormonali e infiammatorie. Inoltre, si associa spesso ad altre patologie, tra cui la steatosi epatica non alcolica, una condizione di accumulo lipidico a livello del fegato che include un ampio gruppo di patologie, anch’esse caratterizzate da un alto livello infiammatorio. La steatosi epatica e l’obesità sono spesso correlate con il diabete, rappresentando importanti fattori di rischio di morbidità (la maggiore incidenza di patologie) e mortalità.

È proprio su questi disordini metabolici così importanti e frequenti che abbiamo deciso di studiare il β-cariofillene.

Grazie alla collaborazione con i gruppi di ricerca delle prof. Patrizia Bovolin (che ci ha raccontato qui i suoi studi sui fattori genetici e ambientali che incidono su obesità e fertilità, N.d.R.) e Maria Pia Gallo, in un progetto finanziato dalla fondazione CRT, abbiamo studiato su modelli cellulari in vitro un estratto contenente un elevato quantitativo di β-cariofillene. I risultati, pubblicati recentemente, mostrano una diminuzione lipidica negli adipociti (cellule deputate a sintetizzare, accumulare e cedere lipidi, N.d.R.) e un aumento dell’assorbimento del glucosio in un modello di diabete indotto in cellule muscolari embrionali (mioblasti), a indicare possibili effetti benefici del β-cariofillene rispettivamente sull’obesità e sul diabete. Attualmente, stiamo studiando anche gli effetti di questa molecola naturale su cellule del fegato (epatociti), utilizzati come modello di steatosi epatica, e i risultati preliminari mostrano un effetto benefico anche per questa patologia.

I risultati da noi ottenuti sono decisamente incoraggianti e indicano che il β-cariofillene potrebbe essere usato a supporto della cura di numerose patologie, come appunto i disordini metabolici, diventate ormai un problema di salute globale.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Massimo Emilio Maffei
Rosaria Scandiffio
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

06 novembre 2020

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