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Quando il pericolo arriva dal seme. Intercettare i patogeni con la genetica

Foto: Bady Abbas / Unsplash

I semi, i tuberi, le talee e in generale tutto il materiale propagativo usato in agricoltura e nei nostri giardini racchiude la diversità genetica indispensabile per ottenere colture sempre più produttive e capaci di resistere agli stress che sfidano il loro sviluppo. Un materiale prezioso, regolarmente scambiato a fini commerciali e di ricerca a livello nazionale e internazionale, che purtroppo è veicolo di pericolose malattie per le colture, come è successo con Xyllella fastidiosa. Lo sviluppo di moderne tecniche di diagnosi è allora di primaria importanza per limitare i rischi. 

Le caratteristiche genetiche delle colture includono caratteri di resistenza alle malattie e possono quindi costituire la soluzione più efficace nel contenimento dei patogeni. Questi geni, quindi, devono essere individuati e introdotti nelle varietà che ci interessano dal punto di vista agronomico e provati in campo in condizioni ambientali e geografiche diverse per verificare l’efficacia nei confronti delle malattie che ci preoccupano. Come ricercatori e ricercatrici che lavorano in questo campo, conserviamo la diversità genetica, la cataloghiamo e caratterizziamo nelle banche del germoplasma, dove manteniamo semi e materiale propagativo a temperature e umidità relative ottimali per garantirne la vitalità.

Tuttavia i semi, prezioso serbatoio di risorse genetiche, sono anche uno strumento subdolo, ”portatori sani” di patogeni molto aggressivi e devastanti su lunghe distanze. Possono essere infettati in campo, durante la loro produzione, da numerosi microrganismi  come funghi, batteri, virus, viroidi, fitoplasmi, che in forma sistemica infettano la pianta e di conseguenza i semi. I patogeni possono essere presenti sui tessuti esterni del seme, ma nella maggior parte dei casi infettano i tessuti interni da cui devono essere estratti per essere rilevati. Dal seme il patogeno può essere trasmesso alla nuova pianta che si genera e così viene perpetuata la propagazione della malattia. Ed è ancor più grave quando attraverso questo meccanismo introduciamo patogeni in zone dove non erano presenti. Casi ne esistono a centinaia purtroppo, a causa soprattutto delle nostre attività commerciali e turistiche. Per esempio è a causa di piante ornamentali infette provenienti dal Centro America che nel 2013 è comparsa la Xyllella fastidiosa sugli ulivi pugliesi, mettendo a rischio uno dei prodotti cruciali per l’economia di quella regione.

È compito dei ricercatori - e in particolare è stato oggetto della mia ricerca svolta tra Italia e Messico negli ultimi 20 anni - fornire strumenti di diagnosi dei patogeni delle piante alle autorità fitosanitarie, ai vivaisti, agli imprenditori agricoli per monitorare la sanità delle sementi e del materiale propagativo che intendono commercializzare o spostare da una regione all’altra, da un paese all’altro. Questi strumenti devono essere sensibili, pratici, di facile utilizzo anche da operatori non molto specializzati e possibilmente economici. Recentemente sono stati messi a punto metodi di analisi molecolare, basata sul rilevamento del DNA o RNA dei patogeni, che applicano al mondo agronomo un metodo fondamentale delle biotecnologie: la reazione a catena della polimerasi (PCR) che nel 1983 è valsa il Nobel al biochimico Kary B. Mullis.

Negli anni in cui ho lavorato presso l’International Maize and Wheat Improvement Center (CIMMYT) mi sono occupata, oltre che di verificare la sanità del germoplasma che si distribuiva a centinaia di partner sparsi nel mondo, anche di validare alcune tecniche di diagnosi nelle diverse situazioni ambientali in cui si sarebbero trovate a lavorare. Tra queste vi è la LAMP (amplificazione isotermica mediata da loop) che si basa sull'amplificazione del DNA per distinguere il materiale genetico del patogeno da quello della pianta. Questa tecnica ha diversi vantaggi: è a basso costo, utilizza un’apparecchiatura portatile, offre la possibilità di analizzare un estratto crudo di pianta in campo, non richiede alta specializzazione da parte dell’operatore e può fornire il risultato della diagnosi in mezz’ora. Esiste poi una tecnica di analisi molecolare ancora più recente e più pratica che consente di rilevare rapidamente la presenza di virus patogeni a partire da un solo estratto di campione grezzo. In questo caso in soli 30 minuti è possibile visualizzare il risultato in modo chiaro, "sì / no", attraverso una striscia di carta di flusso laterale proprio come un test di gravidanza.

Grazie a queste tecniche possiamo attivare robusti sistemi di monitoraggio per intercettare efficacemente la presenza di patogeni indesiderati nei semi e nel materiale vegetale presente in campo, nei vivai e alle frontiere ed evitare la loro introduzione in zone geografiche dove non esiste la malattia.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Monica Mezzalama
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

13 luglio 2020

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