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Ecosistemi, Biodiversità e Comportamento animale

Tanti microbi buoni e cattivi: come vive un pomodoro nel mondo reale?

Come invisibili compagni, i microrganismi controllano molti processi fondamentali per le piante, a partire dalla nutrizione minerale. Capire come una pianta interagisca con questa moltitudine di microbi è una sfida della biologia

"Nessun uomo è un'isola" scriveva il poeta John Donne nel 1624. Non solo l’uomo condivide il proprio corpo con una moltitudine di microrganismi, che spesso contribuiscono alla sua salute, ma anche le piante sono una nicchia per comunità batteriche e fungine, identificate come il plant "microbiota". Da alcuni anni questo termine è un hot spot nella scienza perché descrive le comunità microbiche che vivono associate al corpo dell’uomo, degli animali e delle piante.

Il progetto "Mycoplant: Root Microbiota for Plant Health", finanziato nel triennio 2012-2015 dalla Compagnia di San Paolo e dall’Università di Torino, ha cercato di capire come, il pomodoro, una pianta modello di grande interesse economico per l'Italia, interagisca con il suo microbiota. Selezionando due suoli con diverse caratteristiche fisico-chimiche e biologiche e due genotipi di pomodoro resistenti o suscettibili a un patogeno, abbiamo posto due domande: quali microrganismi si associano al pomodoro in questi suoli? Come risponde la pianta quando interagisce con comunità microbiche che possono essere, non solo benefiche, ma anche dannose? Il progetto, proposto (e approvato!) nel momento in cui i concetti del plant microbiota erano ancora agli albori, ha integrato piattaforme di Next Generation Sequencing, proteomica, metabolomica e genetica vegetale, sviluppando un approccio di biologia dei sistemi e coinvolgendo biologi vegetali, micologi, patologi, biotecnologi, farmacologi nonché bioinformatici dell'Università di Torino. L’approccio è stato non riduzionista: abbiamo allestito dei microcosmi usando suoli naturali che sono molto più complessi di quelli sterili. Questo ha portato molti fattori di novità, ma ha anche alcuni imprevisti.
La domanda "quali microrganismi si associano al pomodoro in questi suoli?" ha avuto risposte chiare: abbiamo ottenuto lunghe liste di microbi e isolato nuovi ceppi fungini dalle caratteristiche biologiche interessanti, rivelando una netta differenza tra le comunità dei due suoli. Molto più complesso è stato descrivere la risposta di pomodoro a tali comunità. È il suolo e non il genotipo a spingere le sue risposte; nei terreni naturali il pomodoro attiva risposte di difesa più robuste che su terreni sterili, accumula lignina nella sua parete, sintetizza più fenoli, attiva le sue difese molecolari. Si tratta di risposte genericamente identificate come "priming": suggeriscono cioè che il pomodoro in terreni naturali sia più forte ad attacchi di patogeni rispetto a quello cresciuto su un substrato sterile.
E il genotipo? È decisivo solo quando compare il patogeno.

Le nostre ricerche hanno prodotto nuovi ceppi, dati set, idee, ma anche probabilmente uno dei primi contributi sulla biologia di una pianta coltivata in condizioni quasi "naturali". I nostri dati possono quindi servire a proporre modelli predittivi utili sia in serra sia in campo, per aumentare la qualità delle colture e la produttività in un contesto di agricoltura sostenibile.

un racconto di
Paola Bonfante
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

22 febbraio 2017

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