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Gestione del territorio, delle risorse e dei rifiuti, Sostenibilità ambientale

Le Reti Alternative del Cibo: una valutazione interdisciplinare

Abbiamo esaminato sotto diversi profili il funzionamento e le motivazioni dei partecipanti alle Reti Alternative del Cibo (vendite dirette, mercati contadini, Gruppi di Acquisto Solidale) per valutare la loro sostenibilità e le loro caratteristiche

Le Reti Alternative del Cibo (RAC) sono catene commerciali dove la relazione produttore-consumatore è diversa dai soliti canali: vendite dirette degli agricoltori, mercati contadini e Gruppi di Acquisto Solidale (GAS). Ma come funzionano le RAC e sulla base di quali motivazioni dei partecipanti? Che rapporto hanno col territorio? Sono davvero più sostenibili per l’ambiente come molti affermano? Per rispondere alle domande, abbiamo intervistato consumatori dei mercati rionali, dei supermercati e di Eataly, analizzato dati del Censimento dell’Agricoltura sulle vendite dirette degli agricoltori, i bilanci di diversi GAS, l’impatto ambientale delle varie catene commerciali, la distribuzione geografica e le reti create dalle RAC.

Anche se le singole RAC sono diverse tra loro, un carattere che le accomuna, e le differenzia dagli altri canali analizzati, è l’importanza del “fattore umano”: nelle risposte su cos’è per loro la qualità, per i membri dei GAS vale chi è il venditore; gli acquirenti dai banchi contadini sono disposti a pagare di più per il piacere del rapporto personale col venditore, così come i membri dei GAS per la partecipazione al gruppo. In generale, quindi, la motivazione principale per la partecipazione alle RAC non è la semplice convenienza economica, ma il rapporto personale col venditore, il desiderio di aiutare i piccoli produttori locali e di proteggere l’ambiente: i consumatori sono disposti ad accettare prezzi più alti (e anche, nei GAS, a fornire lavoro volontario) in cambio di quanto ricevono. E senza il lavoro volontario dei membri, i prezzi dei GAS dovrebbero aumentare notevolmente. Ma non vi sono solo motivazioni altruistiche per la partecipazione alle RAC: in alcuni casi, l’attrattiva per i consumatori è la qualità intrinseca del cibo, e il rapporto personale col contadino conta anche perché permette di aver fiducia nella qualità dei prodotti venduti. E i confini fra catene alternative e convenzionali è sfumato, ad esempio Eataly cerca di assumere caratteri “alternativi”.

Dal lato degli agricoltori, sono soprattutto le caratteristiche tecniche delle aziende a determinare la decisione della vendita direttamente ai consumatori, che si presta di più quando l’azienda ha una produzione mista, o fa viticoltura o ortaggi; anche la vicinanza alle città favorisce questa soluzione, perché consente facili sbocchi per i propri prodotti. Più in generale, le RAC sono legate principalmente alle città, e potrebbero essere un modo per ricostruire i rapporti fra cibo e territorio.
Infine l’impatto ambientale delle diverse catene dipende dal tipo di prodotto e dalla confezione, e non si può dire che sotto questo aspetto le RAC siano necessariamente migliori dei supermercati, per esempio.
Le RAC sono quindi organizzazioni che soddisfano una nicchia di consumatori, e che potenzialmente potrebbero favorire la connessione fra cibo e territorio sostenuta per esempio da Slow Food, in linea con alcune tendenze attuali dei consumi.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Alessandro Corsi
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

28 dicembre 2016

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