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Malattie e prevenzione

Quando superficiale è meglio. Nuove terapie di precisione contro i tumori

Fotografia: Lindsey Duce / Unsplash

Molti tumori umani derivano da mutazioni in geni chiamati RAS e risultano assai aggressivi oltre a non rispondere alle più moderne terapie. Di conseguenza, purtroppo, il paziente non ha molte opportunità terapeutiche al di là della chemioterapia, con tutti gli effetti collaterali che essa comporta. Il nostro progetto si propone di valutare strategie alternative per garantire anche a questi pazienti cure con minori effetti collaterali.

Molti pazienti oncologici non beneficiano delle terapie attualmente disponibili poiché i loro tumori presentano mutazioni nei geni RAS che li rendono resistenti ai farmaci biologici (per esempio, agli anticorpi monoclonali Cetuximab e Panitumumab). È il caso del 95% dei tumori duttali del pancreas, 45% di quelli del colon-retto e 30% di quelli polmonari non a cellule piccole (una particolare tipologia di tumore al polmone chiamato così per come appaiono le sue cellule al microscopio).

Ma come agisce RAS mutato? Le evidenze mostrano che un gene RAS mutato produce una proteina Ras iperattiva, che predispone la cellula a diventare maligna. Allora “basta bloccare Ras e il problema è risolto!” si potrebbe pensare. Più facile a dirsi che a farsi: oltre 30 anni di intensi studi non hanno ancora prodotto una terapia mirata a Ras, perché la struttura di questa proteina la rende un difficile target per i farmaci.

Già da qualche decennio sappiamo che Ras, quando è iperattiva, può avere effetto su diversi meccanismi. Per esempio, può far sì che la cellula si riproduca più in fretta, si muova di più, cambi forma, insomma che diventi più aggressiva fino a sfuggire completamente al controllo. Tuttavia Ras, per poter influenzare tutti questi meccanismi, non può certo agire da sola: vari studi hanno dimostrato come tutto l’assetto cellulare sia influenzato dall’attivazione di Ras, portando a cambiamenti sia nella quantità sia nella posizione di numerose proteine. Noi abbiamo pensato di sfruttare questa particolarità per andare a cercare tra queste proteine uno o più bersagli alternativi.

Tra le principali caratteristiche di un buon bersaglio vi è l’accessibilità, vale a dire la possibilità di essere raggiunto e colpito facilmente da un farmaco. Le proteine in assoluto più accessibili sono quelle che, poste sulla membrana cellulare, sporgono verso l’esterno della cellula, ed è proprio su queste che abbiamo concentrato la nostra attenzione. Utilizzando la biologia molecolare e la bioinformatica, abbiamo scattato una “fotografia” della superficie di cellule tumorali con Ras mutato e l’abbiamo confrontata con quella della superficie di cellule senza mutazione. Questo ci ha permesso di selezionare delle proteine specifiche, che studieremo a fondo nell’ottica di sfruttarle come bersagli farmacologici.
Obiettivo finale è produrre anticorpi contro questi bersagli, da iniettare nella circolazione sanguigna per agire in modo specifico sulle cellule tumorali.

Questo lavoro è svolto in attiva collaborazione con laboratori pubblici e privati in Italia e negli Stati Uniti e ha lo scopo di identificare e caratterizzare prototipi di farmaci che possano in futuro essere sviluppati per utilizzo medico.

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un racconto di
Serena Marchiò
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

17 giugno 2020

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