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Fondamenti di chimica

Si può prendere il sole nello spazio?

Henri Matisse, Icaro, 1947

Le radiazioni cosmiche cui sono sottoposti gli astronauti durante i viaggi nello spazio possono avere gravi conseguenze per la loro salute. La ricerca punta verso nuovi materiali sempre più efficaci nell’attenuare i raggi cosmici e i polimeri compositi potranno forse fornire la soluzione.

Lo sbarco sulla Luna ha segnato un importante traguardo per l’umanità. Da allora, nuove missioni spaziali sono partite per scoprire l’universo che ci circonda e per individuare l’esistenza di nuovi pianeti che possano ospitare la vita. Tuttavia, viaggiare nello spazio per lunghe distanze comporta diversi rischi, tra i quali l’esposizione alle radiazioni cosmiche. Sulla Terra e all’interno dell’orbita terrestre gli esseri umani sono protetti dai raggi cosmici dalla magnetosfera terrestre, mentre man mano che ci si allontana da essa l’effetto di tali raggi diventa sempre più intenso. Il rischio di incorrere in problemi per la salute a causa dell’esposizione ai raggi cosmici aumenta con il tempo di permanenza nello spazio, che porta a un incremento dei danni biologici che tali radiazioni possono recare agli astronauti.

Per limitare i danni, sono stati individuati e studiati diversi materiali che possano agire da barriera contro le radiazioni presenti nello spazio e ridurne il loro effetto sull’organismo. Si tratta di materiali a elevato contenuto d’idrogeno, che è efficace nel rallentare e fermare le particelle liberate dalle radiazioni spaziali. Questi materiali, già da qualche tempo, sono stati impiegati e inglobati all’interno di moduli spaziali, habitat, navicelle e tute spaziali. Tuttavia, la ricerca punta verso nuovi materiali, sempre più leggeri, economici ma soprattutto efficienti nella protezione contro le radiazioni, che permettano quindi missioni spaziali sempre più lunghe e con maggiore permanenza degli astronauti nello spazio. L’efficacia di tali materiali, in aggiunta alle loro proprietà intrinseche, dipende da molti fattori, legati sia al tipo di radiazione da ostacolare, sia alla durabilità del materiale, alla sua resistenza in condizioni estreme di pressioni e temperatura, alla sua tossicità e al rapporto costo-efficacia.

Già nelle missioni in corso, come ad esempio nella Stazione Spaziale Internazionale, si utilizzano schermature in materiale polimerico, quale il polietilene. Il nostro progetto di ricerca, finanziato dall’Agenzia Spaziale Internazionale e svolto in collaborazione con Thales Alenia Space Italia, si inserisce in questo contesto e sta individuando come buoni candidati i materiali compositi polimerici contenenti idruri. La combinazione di questi due tipi di materiali permette, infatti, di massimizzare il contenuto d’idrogeno all’interno dello schermo, inserendo elementi chimici a basso numero atomico in grado di attenuare i raggi molto penetranti. Inoltre, la ricerca punta allo sviluppo di materiali multifunzionali che, oltre ad avere delle ottime proprietà schermanti, permettano di offrire altre funzionalità, quali l’integrità strutturale, la gestione della temperatura e la protezione dall’impatto di micro-meteoriti.

Lo sviluppo di nuovi materiali, frutto della ricerca chimica e della scienza dei materiali, potrà un giorno portare alla creazione di strutture e abiti che permetteranno la vita nello spazio, come ad esempio nel Moon Village, un progetto ambizioso proposto dall’Agenzia Spaziale Europea, che consiste in un villaggio scientifico internazionale da costruire sulla Luna come base di ricerca e trampolino per Marte.


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un racconto di
Marcello Baricco
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

05 luglio 2019

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