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Processi sociali e politici, Legge e Comunicazione

Prevenire la radicalizzazione nelle carceri rispettando i diritti umani


In che modo gli stati membri dell'Unione Europea fronteggiano il tema della prevenzione della radicalizzazione dentro il carcere? E in che misura le strategie di de-radicalizzazione messe in atto rispettano i diritti umani delle persone detenute?

Quello dei processi di radicalizzazione dentro al carcere è un tema delicato e complesso in Europa. Il panico morale correlato ai fatti di terrorismo spesso genera provvedimenti emergenziali e una forte attenzione politica, mediatica, giuridica su come affrontare le situazioni percepite come particolarmente pericolose per la sicurezza dei cittadini europei. E spesso l'origine dei comportamenti espressione di forme di radicalizzazione viene collocata dentro all'istituzione penitenziaria. Il carcere viene spesso considerato come il luogo della vulnerabilità e non solo come scuola del crimine, ma più nello specifico anche come scuola di terrorismo.

Ma come reagiscono gli stati membri dell'Unione Europea di fronte a tali fenomeni? A fronte di un'ampia attenzione al tema da parte degli organismi europei, quali divergenze e quali similitudini si riscontrano nelle politiche messe in atto dai vari stati?
Sono alcune domande su cui stiamo lavorando come gruppo di ricerca del Dipartimento di Giurisprudenza attraverso un progetto finanziato dalla Commissione Europea sul tema della prevenzione della radicalizzazione dentro al carcere, nell'ambito di una più ampia rete di monitoraggio sul carcere e le sue alternative in Europa (www.prisonobservatory.org); una rete volta a confrontare, comparare, scambiare conoscenze e buone prassi sulla gestione delle tematiche penitenziarie in alcuni paesi che vi fanno parte.

Filo conduttore è l'approccio dei diritti umani. Il mandato normativo europeo, a partire dalle European Prison Rules e dalle varie raccomandazioni sul tema, è chiaro: le politiche di gestione dell'esecuzione penale (dentro e fuori dal carcere), non possono violare la dignità e i diritti umani delle persone detenute sian essi terroristi, radicalizzati o persone a rischio di radicalizzazione. Questo riguarda anche quelle politiche di gestione volte a prevenire i processi di radicalizzazione attraverso apposite strategiche che possono comportare isolamento, restrizione dei diritti religiosi, applicazione di strumenti di valutazione del rischio in maniera stereotipata.
Il rischio è che la paura collettiva alimentata dai fatti di terrorismo, e talvolta dall'amplificazione mediatica, assuma il sopravvento e, come quasi sempre avviene all'interno del carcere, la sicurezza prevalga sull'umanizzazione della pena. È soprattutto in questo senso e tenuto conto della sua estrema attualità che il tema della prevenzione della radicalizzazione diventa un'importante cartina di tornasole della reazione degli apparati istituzionali internazionali e nazionali di fronte ai fenomeni criminali e dell'impatto sull'opinione pubblica riguardo le funzioni che la pena dovrebbe svolgere nei paesi democratici.

La distanza tra il contenuto di una norma e il modo in cui questa trova applicazione è talvolta ampia e tra gli imperativi etici della ricerca c'è anche quello di mettere in luce tale distanza e portarla all'attenzione tanto dei decisori politici quanto dell'opinione pubblica. 

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Daniela Ronco
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

16 aprile 2019

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