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Homeless: chi sono e cosa si fa per loro nella Città Metropolitana di Torino

Pensando alle persone senza dimora automaticamente ci vengono in mente due cose: lo stereotipo di chi dorme per strada con logore coperte e le grandi città come unico «ricovero» per queste persone. Oggi sono in realtà molteplici le forme che possono assumere queste persone e come anche la capacità di accoglienza dei territori periferici.

Era il maggio del 2017 quando la Città metropolitana di Torino (ex Provincia di Torino) mi domanda di «fotografare» per la prima volta la situazione dei senza dimora sui 312 territori comunali che afferiscono a questo ente.
Con l’incoscienza che provoca l’entusiasmo di un nuovo incarico di ricerca - e che nonostante l’avanzare degli anni non viene mai meno - ho iniziato a studiare il fenomeno e a lavorare al piano di indagine. Inizialmente volevamo capire se gli homeless fossero presenti o meno sui territori fuori dal capoluogo torinese e se in qualche modo i loro bisogni venissero affrontati. Se infatti Torino - come altre grandi città - aveva (e ha) un sistema assodato di accoglienza (che è stato oggetto di indagini specifiche), sull’area metropolitana non sembrava presente qualcosa di paragonabile. Nel corso dei sei mesi successivi ho lavorato a stretto contatto con gli enti gestori delle funzioni socio assistenziali e con le moltissime associazioni di volontariato e di privato sociale del territorio provinciale ottenendo un po’ di dati: 101 strutture tra dormitori, social housing, mense, centri d’ascolto per la distribuzione di beni di prima necessità e ambulatori sociali; 36 servizi sociali impegnati quotidianamente con utenza homeless; oltre 50 i comuni interessati dal fenomeno e più di 30 quelli che concedono la residenza anagrafica in una via fittizia per permettere ai senza tetto l’accesso alle prestazioni sociali e sanitarie; 550 i senza dimora censiti. Un quadro che finalmente sfatava il mito che solo nei grandi centri ci si adoperi per chi è nel bisogno più estremo.

Nel 2018 mi viene nuovamente chiesto di studiare questo fenomeno. Stavolta il compito è più arduo: si vuole capire chi sono realmente gli homeless che abitano i territori metropolitani torinesi e come si fronteggiano i loro bisogni. Abbiamo operato - per ovvie ragioni di tempo e risorse - su quattro territori campione nei quali il fenomeno appariva particolarmente rilevante: Pinerolo, Rivoli, Settimo Torinese e Chivasso.
Quello che abbiamo trovato è, nella stragrande maggioranza, in linea con l’ampia letteratura esistente in materia, ma ciò che colpisce è l’estrema ricchezza di esperienze che il territorio metropolitano offre e soprattutto quanto sia ormai chiaro -a partire dagli operatori stessi - che l’homeless non è la figura stereotipata totalmente sganciata dalla società e priva di qualsiasi abilità e desiderio. Dietro la parola «homeless» si nasconde un universo eterogeneo di condizioni e necessità e la mancanza di una adeguata sistemazione abitativa è solo uno degli elementi che connota questa condizione (ETHOS, classificazione europea sui senza dimora).

La mia indagine doveva dare voce a questa multiformità attraverso interviste ai senza dimora e, allo stesso tempo, far emergere esperienze significative di inclusione (come centri diurni aperti «anche, ma non solo» a persone senza dimora) e soprattutto percorsi virtuosi di ritorno alla totale autonomia (come la pratica dell’agricoltura sociale) per persone che «inciampando casualmente» in un evento della vita troppo grande da fronteggiare si sono trovate a non avere più una casa dove tornare.


IMMAGINI

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Cesare Bianciardi
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

01 marzo 2019

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