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Verso una Carta Internazionale dei Beni Comuni

Con un approccio interdisciplinare, che fa incontrare veterinaria e diritto, abbiamo sviluppato un ripensamento critico del ruolo dei beni pubblici, come il cibo e l’acqua con particolare attenzione alla sostenibilità, ponendo al centro delle proprie considerazioni la nozione di “beni comuni”

Il progetto “Verso una Carta Internazionale dei Beni Comuni. Ricerca interdisciplinare sull'accesso a cibo, acqua e sapere quali interconnessi limiti alla produzione di mercato nell'interesse della riproduzione ecologica” è stato condotto da dipartimenti diversi dell’Università di Torino, tra cui il Dipartimento di Scienze Veterinarie e il Dipartimento di Giurisprudenza. Il progetto ha sviluppato un ripensamento critico del ruolo dei beni pubblici globali con particolare attenzione alla sostenibilità, ponendo al centro delle proprie considerazioni la nozione di “beni comuni”, che è stata intesa come cruciale per l’esercizio dei diritti fondamentali e il libero sviluppo della persona.

In particolare abbiamo esaminato come i beni comuni sono definiti in normative nazionali e internazionali e in recenti testi giuridici, come ad esempio le nuove costituzioni di Ecuador e Bolivia, che tutelano l’accesso universale all’acqua e al cibo e più in generale all’ambiente naturale. La nostra analisi ha individuato un aspetto comune a questi testi: l’esigenza di garantire ai beni comuni una scrupolosa tutela legale affinché il loro presente uso da parte di tutti sia coerente con la necessità di conservarli per le generazioni future. Riguardo al particolare caso italiano, una riforma del codice civile del 1942 è stata proposta nel 2008 dalla “Commissione Rodotà”, che ha definito i beni comuni come beni e servizi che esprimono differenti fasci di utilità funzionale alla tutela sia dei diritti individuali sia di fondamentali interessi pubblici: pur non essendo strettamente beni pubblici, in quanto la loro proprietà può essere sia pubblica che privata, le loro utilità devono essere garantite a tutta la comunità.

Articolando questa prospettiva, il progetto ha esplorato i termini di quel sapere diffuso su come produrre e preparare il cibo che garantisca la sostenibilità nel ciclo ecologico della vita, definendolo come un bene comune intangibile (immaterial commons). Dopo aver in generale delineato cosa può essere definito come bene comune, il progetto:
(a) ha individuato le varie utilità prodotte dal cibo inteso sia come bene culturale che come bene materiale generato da tecniche agricole, in un contesto di salvaguardia del benessere degli animali;
(b) ha indagato forme di protezione giuridica innovativa di queste utilità;
(c) ha definito un regime internazionale equo e razionale di cibo, acqua, energia e conoscenza, intesi come entità non separabili e beni comuni globali da tutelare contro la speculazione finanziaria e il loro uso non ecologico;
(d) ha cercato di fornire delle prime linee guida per una Carta internazionale dei beni comuni quale strumento per stabilire i limiti del mercato ed evitare eccessiva mercificazione.

Questa storia di ricerca si trova in:


un racconto di
Ugo Mattei
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

02 marzo 2017

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