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I meccanismi fiscali per la stabilizzazione dei prezzi dei carburanti

“Esiste un meccanismo per cui quando il prezzo del petrolio sale e il Tesoro ottiene maggiori entrate fiscali, possiamo ripartire il rischio con il consumatore? Se il prezzo sale, la tassazione si riduce, mentre se il prezzo scende, la tassazione aumenta” (David Cameron, Primo Ministro UK, 2011)

Negli ultimi 25 anni il prezzo del petrolio ha subito ampie fluttuazioni, passando dai 20 dollari al barile del 1990 a un picco di 140 dollari nel 2008, per poi crollare sotto i 40 dollari in questi ultimi mesi. In un contesto di prezzi crescenti, si fa pressante la richiesta di frenare la crescita dei prezzi da parte dei consumatori. Da qui l’idea di usare meccanismi fiscali, per bilanciare queste ampie fluttuazioni mantenendo costante il prezzo finale, soprattutto in contesti dove questo è influenzato pesantemente dalla componente fiscale (si veda l’allegato in “Approfondimenti”).
Nella frase riportata qui sopra David Cameron si riferisce proprio a questo, cioè alla necessità di definire uno “stabilizzatore fiscale”, un meccanismo che consenta di ridurre la componente fiscale del prezzo finale dei carburanti in presenza di un rialzo dei prezzi del petrolio (e, viceversa, di rialzarla nel momento in cui i prezzi della materia prima scendono). Questo permetterebbe di stabilizzare il prezzo a un livello di “equilibrio di lungo periodo”, riducendone le variazioni congiunturali.
D’altra parte la tassazione, sotto forma di accise e di imposte indirette (IVA) sui carburanti, ha una forte incidenza sul prezzo finale al dettaglio di benzina e diesel e questo rappresenta una delle peculiarità del sistema fiscale europeo, quando confrontato con quello statunitense. In Italia imposte e tasse rappresentano il 68% del prezzo finale.
A dispetto delle richieste, la politica non è andata oltre la discussione e le proposte. Solo la Francia ha introdotto effettivamente un meccanismo di adeguamento automatico della tassazione in risposta alle fluttuazioni del petrolio: la TIPP Flottante (una tassa sui prodotti petroliferi fluttuante) nel 2000-2002.
I meccanismi fiscali per la stabilizzazione dei prezzi dei carburanti sono stati analizzati nell’ambito del progetto “Fuel Taxation in Europe: Energy Prices and Public Policies (FUELTAXinEU)”, finanziato dall'Università degli Studi di Torino e dalla Compagnia di San Paolo (Progetti di Ricerca d’Ateneo 2012) e condotto da Marina Di Giacomo, Massimiliano Piacenza, Francesco Scervini e Gilberto Turati.
La ricerca è partita da una domanda: i meccanismi fiscali per stabilizzare i prezzi possono davvero raggiungere il loro obiettivo in Europa? La risposta è risultata positiva: i dati relativi a 12 paesi dell’eurozona, mostrano come un taglio delle accise si rifletta in una riduzione di pari ammontare del prezzo finale del carburante. La misura sembra quindi efficace, ma piuttosto costosa per i bilanci pubblici, visto che la tassazione dei carburanti rappresenta una quota non banale delle entrate per i paesi europei, tra l’1,2% e il 2% del PIL. Valutare se introdurre misure di questo tipo è per la politica un esercizio di comparazione dei costi in termini di mancate entrate, e dei benefici per i consumatori e le imprese che fruiscono dei carburanti.

un racconto di
Marina Di Giacomo
DIPARTIMENTO / STRUTTURA

Pubblicato il

21 gennaio 2017

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